Osservatorio Banche
Le Istituzioni Finanziarie Non Bancarie conquistano terreno. A scapito delle banche

Le IFNB stanno occupando uno spazio crescente nel circuito finanziario globale. Un processo in atto da tempo che determina profonde ripercussioni per le banche, per la politica monetaria, per la stabilità sistemica del circuito finanziario globale. Ecco il loro identikit aggiornato

Silvano Carletti

La galassia delle Istituzioni Finanziarie Non Bancarie (IFNB) attrae da tempo una crescente attenzione da parte delle autorità monetarie. Il Financial Stability Board (FSB), si appresta (fine 2021 – inizio 2022) a pubblicare il suo undicesimo rapporto annuale con cui delinea in modo sempre più preciso il profilo quantitativo di questo comparto. La Bce ha appena pubblicato un’analisi (Non-bank financial intermediation in the euro area: implications for monetary policy transmission and key vulnerabilities) in cui si cerca di mettere a fuoco le ricadute sulla politica monetaria della intensa crescita della finanza non bancaria. La European Banking Authority nel luglio scorso ha lanciato una consultazione per definire i parametri che possano individuare gli operatori finanziari collocabili nel cosiddetto shadow banking (sistema bancario ombra). Uno sforzo di approfondimento destinato a crescere ancora.

L’ultimo rapporto annuale del FSB è stato pubblicato nel dicembre 2020, con una copertura  completa del circuito finanziario globale (sono compresi anche Cina, Russia, India, Brasile e qualche centro off-shore). Nel rapporto sono presentati i dati relativi al 2019, quindi un quadro della situazione pre-pandemia. Alla fine del 2019 le attività del circuito finanziario globale erano stimate pari a $404 trilioni, di cui $155 trilioni riferibili al sistema bancario, in molti paesi il comparto finanziario di gran lunga più importante. Al sistema bancario si affianca il composito insieme delle IFNB cui il rapporto del FSB attribuisce attività per $200 trilioni, con i restanti $48 trilioni riferibili  a banche centrali e istituzioni finanziarie pubbliche.

Molto dell’interesse per le IFNB nasce dall’intensità del loro ritmo di crescita. Tra il 2013 e il 2019 il sistema finanziario globale è cresciuto a un ritmo annuo prossimo al 5,5%. In questo stesso arco di tempo il tasso di crescita annuo del sistema bancario (4%) è risultato pari a meno di due terzi quello fatto registrare dal settore delle istituzioni finanziarie non bancarie (6,4%). Rispetto al 2008 la quota delle IFNB nel circuito finanziario globale (ora al 49,5%) è aumentata di quasi 8 punti percentuali.

Nelle prime analisi una parte rilevante del comparto degli operatori finanziari non bancari veniva spesso etichettata come shadow banking system (sistema bancario ombra), favorendone in qualche misura una sua valutazione negativa. Con il passare degli anni l’affinamento dei dati ha fornito solidi argomenti a chi contestava questa terminologia e propendeva per altre definizioni, quali ad esempio market based financing, cioè istituzioni che, similmente alle banche, provvedono al finanziamento dell’economia ma con modalità diverse

La sistematizzazione sempre più precisa dei dati ha consentito di consolidare questa evoluzione (che non è solo terminologica) soprattutto in due modi tra loro strettamente legati. In primo luogo con la messa a punto di una definizione di misura ristretta (narrow measure) delle IFNB, un sottoinsieme che comprende le entità finanziarie che effettivamente forniscono intermediazione creditizia e che quindi possono generare rischi alla stabilità finanziaria analoghi a quelli delle banche: le  attività di questo sottoinsieme sono un terzo di quelle del sistema bancario ufficiale e il loro peso sul totale delle IFNB è pari al 28%. Volendo, è questa la dimensione dello shadow banking system. 

Un secondo passo per mettere a fuoco il settore delle IFNB è stato quello di indicare con crescente precisione le tipologie di operatori che lo compongono: assicurazioni (nel 2019, 18% dell’aggregato), fondi pensioni (20%), fondi d’investimento (25%) diversi dai fondi monetari (3,5%) e hedge funds (2,8%), società finanziarie captive (11,4%; in parte anche consolidate in gruppi bancari), broker dealers (5,2%), etc. Nel 2019 le prime due tipologie di operatori sono cresciute ad un ritmo sicuramente sostenuto (prossimo al 10%) ma pari alla metà di quello dei fondi d’investimento (+ 19%). Ovviamente le quote e i tassi di crescita si declinano in maniera spesso molto diversa nei singoli paesi.

Nel rapporto del FSB si segnala anche la crescita intensa di nuovi profili di operatori, per ora però con volumi di attività molto limitati: le piattaforme che mettono in contatto titolari di liquidità finanziaria e chi richiede finanziamenti (peer-to-peer lending), il mercato dei leveraged loans (prestiti a società fortemente indebitate e quindi escluse dagli altri circuiti di finanziamento), etc. In uno stato ancora più embrionale l’attività di prestito denominata in crypto valute (crypto-asset-based lending) o quella di piattaforme specializzate nella raccolta di capitale di rischio attraverso il crowdfunding (equity crowdfunding).

La crescita del comparto delle IFNB e la modifica del peso delle sue componenti ha ampie ripercussioni, dall’efficacia della politica monetaria alla stabilità sistemica del circuito finanziario globale. Per quanto riguarda il primo aspetto, ci si limita qui solo a un esempio elementare. Le modifiche dei tassi d’interesse di riferimento decise dalle autorità modificano ampiamente i tassi d’interesse che le banche richiedono alla loro clientela. Se però si vuole influenzare il comportamento delle IFNB allora è necessario adottare decisioni di politica monetaria che modificano i tassi a lungo termine. Acquistando titoli sul mercato (ad esempio, corporate bonds) si stimolano le imprese ad emetterne in misura maggiore e gli operatori finanziari (assicurazioni, fondi pensione, fondi d’investimento, etc) a detenerne una quantità maggiore. 

Guardando alle IFNB sotto il profilo della stabilità del sistema finanziario globale un aspetto rilevante è ovviamente quello dei suoi legami con il circuito bancario, e in particolare tra banche e quelle definite “altre istituzioni finanziarie”, cioè le IFNB che non sono istituzioni pubbliche, assicurazioni o fondi pensione. Si tratta di un articolato insieme di operatori soggetti a regolamentazione meno stringente rispetto a quella delle banche e spesso caratterizzati da una forte proiezione cross border. All’ultima rilevazione l’esposizione delle banche verso questo aggregato era pari al 4,5% delle attività bancarie. Questa contenuta percentuale convertita in valori assoluti equivale a circa 7mila miliardi di dollari, un importo sicuramente rilevante se il focus della riflessione è la stabilità del sistema finanziario globale.

Nell’insieme, le dinamiche prima indicate segnalano che il sistema bancario sta perdendo terreno a favore del circuito extrabancario, fenomeno evidente nel finanziamento delle imprese non finanziarie.

Negli Stati Uniti il collocamento di titoli di debito contribuisce da tempo in misura molto importante alla copertura del fabbisogno finanziario delle imprese (dal 2000 in poi la quota ha oscillato tra il 50% e il 60%). Nell’area euro questa prassi di finanziamento ha assai meno spazio e fino a non poco tempo fa risultava riservata quasi esclusivamente alle grandi imprese. Rispetto all’inizio del 2016, il volume dei corporate bonds in circolazione nell’area euro risulta (agosto 2021, ultimo disponibile) aumentato di oltre il 40%, un incremento di circa 470 miliardi. Il fenomeno tocca tutti i paesi dell’area ma alcuni in misura più vistosa: Germania +69% (94 mld), Spagna +61% (51 mld), Paesi Bassi +54% (50 mld), Italia +29% (36 mld). La Francia che contribuisce al totale dell’area per il 43% (3 volte il dato della Germania; 4,3 e 5,2 volte, rispettivamente, quello dell’Italia e della Spagna) ha registrato una crescita del 38% (192 mld).

Questa crescita ha sottratto spazio al finanziamento bancario nel fronteggiare la domanda di fondi delle imprese (emissione di corporate bonds + prestiti bancari). A livello di area euro la quota attribuibile ai titoli di debito si attesta al 25% con una crescita di 3,1 punti percentuali negli ultimi 5 anni. Questa indicazione è la sintesi di andamenti molto diversi sotto entrambi i profili: Francia e Paesi Bassi sono al 35%, con una crescita nel quinquennio di 0 e 7 p.p, rispettivamente; la Spagna è al 21% dopo un balzo di 7 p.p.; Italia e Germania sono più indietro (17% e 16%, rispettivamente) con una crescita di 3,8 e 2,6 p.p..   

Non si può escludere che il continuo processo di erosione dello spazio di mercato delle banche possa portare nel lunghissimo periodo a una realtà without banks. Al contempo però si deve rilevare che esistono ambiti di mercato nei quali le banche stanno acquisendo spazi una volta presidiati prevalentemente o esclusivamente da IFNB. È questo il caso della bancassicurazione: nel 2020 in Italia il 44% delle polizze vita è stato acquistato presso uno sportello bancario a fronte del 24% venduto dagli agenti assicurativi; per quanto riguarda le polizze del ramo danni la quota delle banche si ferma al 7%, ma 5 anni fa era all’1,6%.

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