ECONOMIA ITALIANA/LE NOVITA' DEL NUOVO NUMERO
Strade, aeroporti, tlc, energia: per ogni infrastruttura c'è un sistema di misurazione

Misurare i grandi divari infrastrutturali del paese: uno studio propone una metrica diversa a seconda del particolare tipo di infrastruttura considerata. Ed elabora una serie di indicatori, con un livello di dettaglio territoriale in molti casi sub provinciale. Ne emerge il profondo svantaggio del Mezzogiorno

Giovanna Messina
Messina

Il potenziamento del capitale infrastrutturale è una delle priorità di politica economica delineate dal programma Next Generation EU in risposta alla crisi pandemica. L’analisi dei dati è un prerequisito indispensabile per predisporre un piano di interventi efficace, ma la misurazione della dotazione di infrastrutture di un territorio presenta notevoli difficoltà metodologiche sia a causa dell’ampio insieme di beni capitali classificabili come infrastrutture sia per i limiti intrinseci degli strumenti fin qui sviluppati dalla letteratura economica (gli indicatori monetari o quelli fisici non descrivono ad esempio come le infrastrutture funzionano effettivamente).

Uno studio recente, pubblicato sul n. 2 /2021 di Economia Italiana (Mauro Bucci, Elena Gennari, Giorgio Ivaldi, Giovanna Messina e Luca Moller, “I divari infrastrutturali in Italia: una misurazione caso per caso” https://economiaitaliana.org/wp-content/uploads/2021/10/EI_2021_2_04_S_Bucci_et_al.pdf ) propone una metrica diversa a seconda del particolare tipo di infrastruttura considerata ed elabora una serie di indicatori, con un livello di dettaglio territoriale in molti casi sub provinciale. Tali indicatori confermano la presenza di divari territoriali molto pronunciati tra le diverse aree del Paese, evidenziando nella maggior parte dei casi uno svantaggio relativo del Mezzogiorno.

Per le reti di trasporto stradali e ferroviarie la metrica si basa sulla rilevazione dei tempi di percorrenza fra sistemi locali del lavoro (partizioni territoriali ottenute a partire dai flussi di pendolarismo, l’Istat ne definisce 611) e rileva come le infrastrutture di trasporto modificano le possibilità di un’area di connettersi al resto del Paese. Gli indicatori in tal modo ottenuti descrivono una situazione di relativo svantaggio per la Calabria e le aree appenniniche interne, a causa della distanza dalle direttrici autostradali e dagli snodi delle linee ferroviarie ad alta velocità.

Per i collegamenti aerei e marittimi si considerano i tempi di percorrenza su strada verso i principali scali, merci o passeggeri: nel caso dei trasporti aerei si evidenziano difficoltà maggiori per le aree meridionali, particolarmente accentuate per il traffico merci; nel caso dei trasporti marittimi sono avvantaggiate le aree più prossime ai principali porti merci italiani (Trieste, Genova e Livorno) e quelle che si affacciano sul mar Tirreno o sullo Stretto nel caso del traffico passeggeri.

Per le reti di telecomunicazioni gli indicatori misurano la disponibilità del servizio di rete fissa a 100 Mbs e della banda larga mobile 4G, che appare concentrata attorno alle grandi aree urbane e poco diffusa nelle aree appenniniche (senza evidenziare un vantaggio significativo per le regioni settentrionali). Va tenuto presente che l’effettiva penetrazione della tecnologia dipende poi da aspetti di domanda che riflettono l’eterogeneità delle condizioni economiche locali e del livello di cultura digitale.

Per la distribuzione dell’energia elettrica il parametro considerato rilevante è la continuità del servizio. L’indicatore mostra che la frequenza annua dei distacchi della fornitura per un utente a bassa tensione è pari a circa il triplo nelle aree appenniniche dell’Italia centrale e, soprattutto, nelle regioni meridionali, mentre un terzo degli utenti a media tensione – principalmente impianti produttivi medio-grandi – riceve un servizio inferiore agli standard stabiliti dall’autorità di settore.

Per la rete idrica viene considerato un indicatore di efficienza, ossia la quota di acqua immessa nelle reti di distribuzione che è resa effettivamente disponibile agli utenti finali. I valori più elevati, superiori al 70 per cento, si rilevano nelle regioni settentrionali e in alcune aree centrali. In alcune province del Sud e delle Isole la quota di acqua disponibile arriva a essere meno del 50 per cento di quella immessa, rendendone in alcuni casi necessario il razionamento.

Per le infrastrutture sociali deputate all’erogazione di servizi pubblici come la sanità o lo smaltimento dei rifiuti l’indicatore considera i tempi necessari a raggiungere le strutture dislocate sul territorio e la loro capacità di offrire servizi. Le maggiori difficoltà di accesso a infrastrutture ospedaliere si riscontrano in Calabria, Sicilia e Sardegna; le regioni meridionali appaiono svantaggiate anche relativamente alla possibilità di raggiungere impianti di smaltimento dei rifiuti, in particolare quelli dedicati al trattamento dei rifiuti organici.

Il contesto di finanza pubblica del decennio precedente la crisi sanitaria, contrassegnato da un consistente ridimensionamento della spesa pubblica per investimenti, non ha favorito il riequilibrio delle dotazioni infrastrutturali fra le diverse aree del Paese. Il PNRR pone il tema dell’accumulazione di capitale pubblico al centro dell’agenda di politica economica ed apre una nuova stagione, in cui la vera sfida per il successo delle politiche infrastrutturali passa dal piano della disponibilità di risorse finanziarie a quello dei fattori istituzionali che possono accelerare la realizzazione degli investimenti pubblici e massimizzarne l’impatto economico.

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