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Riprogettare e crescere nella Bancassicurazione

 

 

Uno dei cardini dei Piani Industriali bancari è lo sviluppo dell’offerta bancassicurativa. Eppure, stando alle performance delle varie banche, il potenziale di crescita è ancora notevole rispetto all’attuale contributo ai ricavi. Servono quindi interventi efficaci sulla relazione tra assicurazione banca. Ecco in quale direzione

 

Maurizio Faroni
Faroni

La raccolta premi dell’intero mercato assicurativo (considerando cioè tutti i canali) per le polizze vita IBIP (insurance-based investment product), assimilabili a prodotti di investimento perché esposti alle fluttuazioni di mercato, è cresciuta nel tempo ma negli ultimi anni è rimasta sostanzialmente stabile intorno ai 100 mld, con un contributo delle reti bancarie nell’ordine del 60% del totale; in termini di prodotti è ampiamente prevalente il peso del Ramo I, nonostante la forte contrazione dei rendimenti obbligazionari.

La nuova produzione nel “vita non Ibip” (essenzialmente TCM e LTC: temporanea caso morte e long term care) si è attestata nel 2020 su valori limitati intorno a 1,2 mld, con un contributo del canale bancario in contrazione rispetto agli anni antecedenti per effetto delle norme più stringenti sulle vendite abbinate di prodotti e la maggiore difficoltà del processo di vendita su temi squisitamente assicurativi per le reti bancarie meno strutturate.

È cresciuta la raccolta premi di sistema nel segmento Danni (pari a 33,5 mld nel 2020), ma resta modesta intorno al 7% la quota generata dagli sportelli dei gruppi bancari.

Lo sviluppo del cosiddetto fee business, cioè l’attività generatrice di commissioni a basso assorbimento patrimoniale, rappresenta da diversi anni uno dei cardini dei Piani Industriali bancari ed annovera spesso lo sviluppo dell’offerta bancassicurativa come un’area privilegiata di sviluppo, al punto di identificare le filiali come poli bancari e assicurativi.

Le commissioni per le banche derivanti dall’attività assicurativa nel suo complesso (vita+danni) sono in effetti aumentate negli anni, ma il peso sui ricavi da core business (margine di interesse+commissioni) rimane relativamente contenuto rispetto al potenziale. Soprattutto, si nota una grande dispersione di performance tra i vari gruppi bancari: prendendo a riferimento i bilanci 2020 si evidenziano valori compresi tra il 3% ed il 10-11% dei ricavi core, con i valori più elevati per le banche maggiori e quelle controllate da gruppi francesi (dove storicamente si è più sviluppata la bancassicurazione). Una dispersione che dipende essenzialmente dal modello industriale adottato – ci torneremo – ma soprattutto dal focus delle reti distributive e dei modelli di ingaggio del cliente.

Guardando ai numeri complessivi ed alle performance delle varie banche, si comprende come il potenziale di crescita nel mondo Danni e Vita non Ibip sia ancora notevole e possa in molte realtà di medio-grandi dimensioni misurarsi in termini di multipli rispetto all’attuale contributo ai ricavi, se si interviene in modo efficace sui processi in essere tra compagnia e banca, nonché all’interno delle piattaforme di lavoro del singolo istituto. E non ci sono molti altri ambiti che mostrano per le banche italiane potenzialità analoghe. 

L’attuale assetto di offerta assicurativa in banca poggia sulla figura del gestore di filiale, che resta di gran lunga il canale predominante di relazione col cliente, secondo un modello a bassa differenziazione tra le figure professionali di rete e con uno scarso coinvolgimento della filiale nel post-vendita e nei sinistri; la gamma di prodotti è teoricamente ampia ma poco conosciuta da molti addetti di rete, che difettano delle competenze tecniche di vendita; i canali digitale/telefonico sono residuali e spesso non integrati nel modello di offerta.

Anche nei gruppi bancari più avanzati in termini di penetrazione del business assicurativo si nota che l’offerta sulle piattaforme online resta sovente molto limitata e concentrata sul prodotto auto. Considerando che strati sempre più ampi, e di età varie, tendono a diradare le visite in filiale riducendo le occasioni di contatto umano, si comprende come si tratti di un ambito indifferibile di intervento, facendo leva anche sullo sviluppo dell’insurtech.

Per fare una vera e duratura discontinuità servono interventi di ri-progettazione che garantiscano un livello elevato e omogeneo di servizio, rinunciando ad un approccio costoso ed inefficiente di mobilitazione dell’intera rete generalista che non può garantire un’adeguata proattività commerciale assicurativa. La nuova offerta bancassicurativa deve proporsi in logica multicanale a seconda delle preferenze del cliente (filiale, consulente specialista, contact center, on-line) e fondarsi su poli di gestori assicurativi e specialisti che forniscano un supporto fluido ed efficiente a tutta la rete di vendita.

Soprattutto è indispensabile che lo stream assicurativo entri in modo organico nell’eco-sistema e nei processi interni della banca: la proposta deve muovere sempre dai bisogni del cliente, sfruttando il patrimonio informativo che garantiscono il CRM della banca e la POG della compagnia; si deve raggiungere il cliente con tempestività, cioè nel momento in cui si genera il bisogno, utilizzando il canale più efficiente per ciascun tipo di cliente/prodotto; si deve poter fornire tutta la consulenza necessaria, specie sui prodotti Danni più complessi, dove il cliente ha dei dubbi e necessita di assistenza, parzialmente erogabile in modo automatizzato e digitale, in parte con specialisti (anche in remoto) per garantire qualità omogenea del servizio.

Nell’innovare il macromodello si possono profilare meglio i ruoli di banca e compagnia, la ripartizione delle attività di supporto alle reti e ai clienti, l’articolazione dei vari canali. Definire bene le modalità di ingaggio sulla rete di vendita della banca, l’utilizzo dei tool di consulenza e l’applicazione del digitale sono passaggi obbligati. Troppi progetti hanno trovato ostacoli nella gestione delle priorità all’interno degli istituti e nella scarsa comprensione del potenziale, finendo per arenarsi in cantieri di sviluppo compagnia/banca poco efficienti. Sotto questo profilo le compagnie devono farsi carico di un ruolo più attivo nello sviluppo delle piattaforme di servizio delle reti/ingaggio dei clienti (in una logica quanto più possibile plug and play) e nel supporto dell’indispensabile network di specialisti selezionati nella banca.

Un ultimo tema che non può essere eluso è la scelta dell’assetto societario che meglio indirizza e favorisce la creazione di valore e la sostenibilità nel lungo termine degli obiettivi. Sul mercato si confrontano come noto modelli di integrazione verticale a livello di Gruppo bancario (è il caso di Intesa e delle banche francesi radicate in Italia); modelli che fondano l’allineamento di interessi dei partner sulla partecipazione a joint-venture; modelli in cui la banca svolge esclusivamente il ruolo distributivo.

Ciascun assetto presenta punti di forza: l’integrazione verticale dalla “fabbrica” al cliente, che richiede naturalmente una certa scala dimensionale, per definizione massimizza la ritenzione all’interno del Gruppo di tutto il valore creato dalla relazione col cliente; all’estremo opposto il modello di pura distribuzione può favorire l’accesso alla migliore gamma di prodotti e l’assenza di assorbimenti patrimoniali; la joint venture consentirebbe il massimo allineamento di interessi tra compagnia e banca, grazie alla compartecipazione dei soci allo sviluppo del business ed alla creazione di valore in una logica “somma delle parti”, ma molto dipende dalla struttura che si adotta e dai financials che la caratterizzano.

È una scelta di rilievo quella del make or buy, con effetti di lungo periodo e non neutrale per ciascuna banca; va analizzata necessariamente caso per caso in funzione delle caratteristiche e degli orientamenti strategici di ciascun gruppo, analizzandone approfonditamente le implicazioni. Qualunque sia il modello societario prescelto, è cruciale affrontare la dimensione prettamente industriale della materia, avendo consapevolezza degli snodi operativi fino al cliente, che richiedono una grande cura della fase progettuale ma soprattutto della messa a terra, giorno per giorno, degli obiettivi.