Osservatorio Banche
Margini che scendono, tagli che salgono

I fattori che stanno ridefinendo il profilo dei sistemi bancari sono numerosi, ma tra essi uno svetta decisamente sugli altri: il ridimensionamento del margine d’interesse. Come gestire l’impatto di questo processo è problema che riguarda l’intero circuito bancario globale.

Silvano Carletti
Carletti

Sfogliare la Relazione annuale della Banca d’Italia è sempre un’esperienza che arricchisce. Delegata ad altre pubblicazioni la funzione di aggiornamento delle dinamiche congiunturali, la relazione della Banca centrale rimane un riferimento obbligato per quantificare con precisione quanto acquisito dai processi di trasformazione strutturali in atto nel sistema bancario italiano.  

I fattori che stanno ridefinendo il profilo dei sistemi bancari sono numerosi ma tra essi uno svetta decisamente sugli altri: il ridimensionamento del margine d’interesse, la principale fonte di ricavo. Come gestire l’impatto di questo processo è problema che riguarda l’intero circuito bancario globale.  

Assumendo come riferimento le banche italiane, nel triennio 2018-20 il rendimento medio dei titoli di debito in portafoglio è sceso da 1,2 a 0,9%, quello ricavato da prestiti e anticipazioni dal 2,4 al 2,0%, con una flessione del rendimento medio dell’attivo fruttifero di circa 20 centesimi.

Parallelamente il costo medio delle passività (depositi, titoli emessi, rifinanziamento presso la Banca centrale), pur continuando a posizionarsi in territorio negativo (-21 centesimi nel 2020) ha registrato una variazione appena inferiore ma soprattutto di segno opposto. Nel 2020 il margine d’interesse ha registrato una nuova contrazione del 3,3% dopo il -4,3% dell’anno precedente con una riduzione di 3,2 miliardi nel biennio. 

Rapportato al totale attivo, nel triennio prima indicato il margine di interesse è sceso da 1,38 a 1,16%. Pur riconoscendo che si tratta di un indicatore relativamente generico, la flessione evidenzia bene come le banche siano posizionate su un crinale decisamente inclinato ove è facile immaginare che molte possano perdere l’equilibrio. Il tutto ovviamente aggravato dal contesto di straordinaria incertezza creato dalla pandemia. 

Per evitare di scivolare lungo questo crinale le aziende di credito stanno intervenendo sia sulla struttura dei costi sia per diversificare le fonti di ricavo. Per quanto riguarda i costi un aspetto centrale è quello delle reti distributive. Nelle pagine della relazione si ricorda che rispetto al 2008 gli sportelli bancari sono stati ridotti di circa un terzo, con il numero medio di abitanti per sportello salito a circa 2.500, un valore intermedio tra quelli di Francia e Spagna (poco meno di 2.000) e quello della Germania (circa 3.100). Se si considerasse anche il Banco Posta che gestisce altri 12.600 sportelli ed offre un’ampia di servizi bancari il numero di abitanti per sportello sarebbe sensibilmente inferiore. 

Gli sportelli bancari in funzione in Italia all’inizio di quest’anno erano circa 23.500, quasi 11 mila meno di fine 2008. Dopo essere stato a lungo trainato soprattutto dalle scelte delle banche maggiori (a fine 2013 le reti distributive di Intesa e UniCredit erano forti di 4.800 e 4.200 sportelli rispettivamente, quasi un primato europeo), ora il processo di riduzione coinvolge istituti di credito di ogni dimensione.

Nell’insieme molta strada è stata fatta, ma probabilmente il processo non è completato e soprattutto forti sono le differenze da gruppo a gruppo. Peraltro, lo sviluppo delle transazioni cashless sta portando anche a un lento ridimensionamento del numero delle apparecchiature bancomat (-1.600 in Italia rispetto a fine 2018), trend simile a quello rilevato nell’area euro (-3,5% nel 2019).  

La struttura dei costi fissi sembra essere stata attaccata con vigore, uno sforzo che per almeno due cause non traspare interamente nei conti. La prima è che alle banche è stato in questi anni richiesto un salto tecnologico particolarmente intenso e questo ha comportato un significativo flusso di investimenti; la seconda circostanza è che l’ampia riduzione degli organici che ha accompagnato la chiusura degli sportelli è avvenuta con costi (per esodi e incentivazione) che, sebbene in gran parte pluriennali, sono riflessi subito e interamente nei conti annuali. Nel 2020, ad esempio, nella contabilità di fine esercizio del sistema i costi operativi risultano aumentati del 3,3% mentre sono in realtà diminuiti del 2%.

Un altro importante dettaglio che si ricava dalla Relazione della Banca d’Italia riguarda i crediti deteriorati il cui smaltimento sta avvenendo soprattutto attraverso processi di cessione. A partire dal 2016, quando le transazioni sul mercato hanno acquisito maggiore rilevanza, le vendite sono state, al lordo delle rettifiche di valore, pari a quasi 190 miliardi. In un anno difficile come il 2020 le cessioni hanno raggiunto i 33 miliardi, un risultato cui ha contribuito anche l’incentivo introdotto dal decreto “cura  Italia” che, in caso di cessioni di crediti deteriorati, ha consentito di convertire parte delle imposte anticipate in crediti di imposta.

Le rilevazioni della Vigilanza hanno documentato che questa modalità di smaltimento dei prestiti deteriorati non è quella ottimale, perché rispetto ad una gestione in house comporta per la banca un recupero significativamente più contenuto del finanziamento iniziale. D’altra parte, però, è evidente che solo lo sviluppo di questo canale ha reso possibile in pochi anni un sostanziale ridimensionamento del portafoglio dei crediti non performing.  

Sotto il profilo della diversificazione dei ricavi di sicuro interesse è l’informativa fornita sull’integrazione tra banche e compagnie di assicurazione. Nel 2019 (ultimo anno disponibile) la raccolta delle compagnie assicurative attraverso il canale bancario è  stata pari al 35% del totale, una quota solo leggermente inferiore a quella riconducibile alle agenzie assicurative. Se si guarda al solo ramo vita il contributo degli sportelli bancari alla raccolta premi è sensibilmente più alto (47 miliardi, 44 % del totale); pur in forte crescita, nel ramo danni la sottoscrizione dei contratti nelle agenzie bancarie rimane invece ancora su livelli molto contenuti (2,4 miliardi, 7% del totale). 

Condividi questo articolo