NUOVI MODELLI BANCARI
Guber: struttura digitale, anima tradizionale

Intervista a Lorenzo Maternini, Member Board Of Directors di Guber Banca S.p.A.

Nata trent'anni fa, dal 2018 è banca a tutti gli effetti. Digitale, non virtuale. Infatti crede nel rapporto diretto con i clienti. E punta, con una nuova brand identitiy, alle giovani generazioni

Simona D'Amico

Guber è una banca digitale italiana specializzata nella gestione del credito problematico e nei servizi a favore delle Piccole e Medie Imprese. Fondata nel 1991 con la mission iniziale di coadiuvare le Procedure Concorsuali nell’attività di recupero dei propri crediti, entra poi nel service bancario e nel 2018 ottiene dalla Bce l’autorizzazione per l’attività bancaria, lanciando prodotti originali per agevolare la liquidità delle aziende.

Essere banca digitale, però, non vuol dire virtuale. Anzi: per Guber le relazioni umane sono e restano centrali perché consentono di stabilire un legame fiducia con i clienti, giorno per giorno. Ma come cambiano i canali di contatto tra banca e cliente tenendo conto delle esigenze del mercato e dell’offerta di nuovi prodotti? Lo spiega in questa intervista Lorenzo Maternini, Member Board of Directors di Guber Banca S.p.A.

Guber ha da poco presentato al mercato la sua nuova brand identity, espressione di uno slancio verso il futuro. Questo corrisponde alla necessità di attrezzarsi per le nuove sfide che il mondo bancario si troverà di fronte?

«Credo che nel prossimo futuro la banca dovrà riuscire a creare una interfaccia utilizzabile dalle nuove generazioni. Negli anni il mondo bancario non è riuscito ad innovarsi velocemente in questa direzione ed è per questo che sono nate numerose start up intermediarie, che hanno dato vita a un mondo chiamato FinTech (tecnofinanza), che comprende tutte quelle innovazioni tecnologiche che stanno rivoluzionando l’intero panorama finanziario. La tecnofinanza ha introdotto sistemi automatizzati che hanno permesso al cliente di interfacciarsi in maniera innovativa con operatori di credito ed istituti bancari tradizionali, superando la rigidità strutturale che per lungo tempo ha rallentato i processi di innovazione tecnologica propria delle banche».

Nell’anno del suo trentesimo compleanno, Guber ha lanciato un nuovo logo, un nuovo pay-off e nuovi colori. Questo invita ad una riflessione sul ruolo che il marketing occupa nel settore bancario. A suo avviso cosa ha portato le banche ad investire sul brand?

«Per una banca investire sul brand non consiste in pura attività pubblicitaria, ma ha a che fare con il rafforzamento della fiducia che la stessa banca deve generare nella sua clientela. Il brand diventa uno strumento per veicolare l’affidabilità dell’istituto di credito. 

Le politiche di branding delle imprese bancarie hanno prima di tutto la funzione di costruire il vantaggio competitivo su qualità fiduciarie, in termini di credibilità e affidabilità, che favoriscano la fidelizzazione della propria clientela. 

In questa prospettiva, un tema importante è come catturare l’attenzione e stimolare l’interesse e la fiducia delle nuove generazioni. Penso che, in particolare nel settore bancario, il marketing incide sull’impatto sociale della banca sul territorio». 

La soddisfazione del cliente porta alla sua fidelizzazione, con la conseguente creazione di valore. A suo avviso come è cambiato negli ultimi anni il rapporto banca-cliente?

«Credo che i tempi che stiamo vivendo siano riconducibili all’epoca “disruptive”, che ha rotto con il passato attraverso l’introduzione di nuovi sistemi che facilitano tutte le operazioni, dal trading al deposito bancario, e ha portato all’affermazione di player di piccole dimensioni. 

Penso che in futuro si cercherà di riportare questa nuova dimensione di usabilità all’interno dei grandi gruppi, che hanno la particolarità di essere estremamente affidabili e di godere di un forte rapporto di fiducia con il cliente. 

Le nuove banche, estremamente digitali, su certi tipi di operazioni non godono di grande credibilità. Le nuove generazioni, che oggi svolgono operazioni bancarie molto semplici, quando avanzeranno con l’età avranno necessità di servizi più complessi e a fare la differenza, a livello di offerta, sarà l’affidabilità dell’istituto di credito, oltre ai costi connessi alla singola operazione. Per questo, non penso che in futuro ci sarà spazio per i piccoli player».

Lo sviluppo della tecnologia ha generato una maggiore autonomia dei clienti, capaci di usarla a proprio vantaggio nella gestione dei canali di contatto con la banca e nell’approccio ai servizi bancari. Non pensa che il digitale rischi di spersonalizzazione la relazione banca-cliente creando tra questi una maggiore distanza?

«Penso che il digitale rischi di creare una certa distanza tra banca e cliente, ma non considero negativamente la spersonalizzazione della relazione perché, a mio avviso, per alcune operazione è addirittura necessaria. Per fare un esempio, al cliente che deve fare un bonifico non interessa più avere un rapporto diretto con il cassiere. 

Diverso è il caso di operazioni più complesse che vanno di pari passo con una clientela più matura. Ritengo sia un tema anagrafico. Inoltre, il mercato è abituato a una banca che svolge tutte le operazioni, dalla cassa al mutuo, ma non è detto che sarà sempre così. Con molta probabilità nel futuro le banche faranno ricorso a una completa digitalizzazione per lo svolgimento delle operazioni più semplici, mentre all’aumentare della complessità si prediligerà il contatto umano. Non dimentichiamo che anche la banca ha l’esigenza di digitalizzarsi il più possibile, perché questo consente di ridurre i costi».  

Dal momento che lo sviluppo del digitale ha segnato il superamento della logica della prossimità fisica, a suo avviso, quale sarà il futuro dello sportello bancario? Manterrà comunque un ruolo centrale nella customer experience o è destinato a scomparire?

«Certo, lo sportello bancario continuerà a essere funzionante, ma probabilmente si occuperà di attività diverse lasciando al digitale il lavoro operativo. Non riesco a immaginare un futuro in cui nel settore bancario sarà completamente assente l’interazione umana. Per Guber, ad esempio, le relazioni umane sono e restano importanti perché ci aiutano a guadagnare la fiducia dei nostri clienti».

nella foto: Lorenzo Maternini

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