Per cercare di comprendere il futuro andamento dell’economia a seguito dell’intensa turbolenza finanziaria globale con cui si è aperto il 2016, occorre interrogarsi su alcune questioni: le cause che hanno portato al crollo dei mercati; il futuro andamento dell’economia cinese; l’evoluzione del prezzo del petrolio; la capacità delle banche centrali delle economie avanzate di riuscire a contrastare le spinte deflazionistiche indotte dai problemi della Cina e dei paesi emergenti, dalle tensioni geopolitiche e dall’andamento dei prezzi delle materie prime; le ripercussioni della eventuale persistente debolezza dei mercati azionari ed obbligazionari su consumi e investimenti; l’effettivo stato di salute del sistema bancario mondiale; la minaccia di esplosione dello spettro di Grexit, con un paese tornato nuovamente in recessione e con un debito sempre più insostenibile.
Il 2016 si è aperto con una turbolenza finanziaria globale di elevata intensità e di ampia profondità che pur essendosi apparentemente acquietata non appare destinata a risolversi nel breve tempo, essendo dovuta all’accentuazione simultanea di un insieme di rischi che accecano le prospettive degli investitori e che hanno nell’alta densità delle incertezze la loro unica certezza.
Tentare di comprendere cosa c’è oltre la nebbia che avvolge il futuro è comunque un esercizio necessario. E a riguardo il primo nodo da sciogliere è correlato al punto di domanda principale che ha assalito tutti, opinion e policy makers, di fronte al crollo dei mercati: si è trattato di una isteria speculativa di vasta scala o sussistono timori fondati di nuove crisi sistemiche nell’economia mondiale?
Per dare una risposta attendibile è necessario decifrare gli aspetti più controversi che contraddistinguono l’attuale fase congiunturale.
Il rallentamento dell’economia cinese si accentuerà o resterà circoscritto sui livelli visti nel 2015? Tutto lascia credere che la crescita cinese è destinata a rallentare ulteriormente; il suo modello di sviluppo è entrato chiaramente in crisi ed è iniziato un processo di transizione che potrà rivelarsi anche molto lungo, complesso e con inevitabili effetti collaterali di contrazione dei dati reali.
Il prezzo del petrolio continuerà a rimanere molto depresso o potrà ritornare a riposizionarsi nel breve periodo su livelli più idonei ad evitare pesanti disequilibri nei paesi esportatori e seri rischi deflattivi nelle economie avanzate? Allo stato attuale appare evidente che l’eccesso di offerta continuerà ad essere l’elemento dominante nel mercato, almeno fino a quando non interverranno accordi efficaci di contingentamento fra i principali paesi produttori; un evento che nelle condizioni date risulta di bassa probabilità. Di conseguenza, gli elementi destabilizzanti legati a questo fattore sembrano destinati a consolidarsi e ad acuirsi.
Le banche centrali delle economie avanzate riusciranno a contrastare le spinte deflazionistiche indotte dai problemi della Cina e dei paesi emergenti, dalle tensioni geopolitiche e dall’andamento dei prezzi delle materie prime? Finora hanno chiaramente mancato di risultare efficaci su questo fronte e il loro armamentario comincia a diventare anche meno dotato; si sono peraltro notevolmente ridotti i margini per contrastare eventuali nuove recessioni nelle economie reali.
Se dovesse persistere la debolezza dei mercati azionari ed obbligazionari, si potrebbero generare ripercussioni rilevanti sui consumi e sugli investimenti e di conseguenza sui ritmi di sviluppo finora ipotizzati nel breve termine? I mercati hanno subito pesanti e repentine correzioni e, se non si concretizzeranno i rischi di nuove recessioni nell’economia globale, tenderanno a recuperare gradualmente terreno per riportarsi su valori coerenti con i loro fondamentali, anche se l’alta volatilità è probabilmente destinata inevitabilmente a contrassegnare le dinamiche borsistiche per un periodo non breve a causa dell’assenza di una chiara traiettoria di sviluppo. Tuttavia, se il prezzo del petrolio continuerà a muoversi al ribasso i paesi detentori di petroldollari, vedendosi asciugare sempre più le loro riserve, continueranno a monetizzare i loro investimenti finanziari generando forti spinte al ribasso dei prezzi sui mercati; in tal caso consumi ed investimenti sono destinati a risentirne sensibilmente.
Il sistema bancario mondiale è realmente ammalato e può quindi provocare rischi sistemici, come quelli del 2008 oppure è vittima di una overdose di timori sul suo effettivo stato di salute? Le banche, in generale, dopo lo shock di Lehman sono più capitalizzate e più controllate ma alcune rimangono molto esposte agli shock avversi anche a causa della persistenza di tassi a zero o negativi in un orizzonte indefinito che penalizza fortemente la redditività.
Lo spettro di Grexit, con un paese tornato nuovamente in recessione e con un debito sempre più insostenibile tende a riaffiorare prepotentemente; fino a quando si potrà sperare che il problema non esploda in tutta la sua dirompenza? Questo è l’interrogativo meno complesso a cui rispondere; non passerà molto tempo prima che la polvere sotto il tappeto diventi una montagna non più occultabile e allora si dovranno fare i conti con la realtà: o alla Grecia si condona una larghissima parte del debito e la si aiuta a crescere con convinzione, o la si accompagna alla porta dell’euro provocando una crepa difficilmente risanabile nell’impianto dell’unione europea.
Tutto ciò porta ad individuare alcuni punti sufficientemente chiari di orientamento per i policy makers:
In definitiva, le condizioni che prospettano una nuova tempesta planetaria tendono ad addensarsi ma le principali potenze economiche mondiali sono oggi in grado di evitarle, se vorranno e sapranno coordinare tra loro le politiche di intervento finalizzate a contrastare con decisione la caduta della domanda globale e le spinte deflazionistiche.
Nel frattempo, comunque, poiché il quadro globale non si presenta in ogni caso confortante, i paesi più esposti, come l’Italia, farebbero bene a non affidarsi alla buona sorte, aspettando che gli eventi chiariscano a quale futuro stiamo andando realmente incontro. In un tale contesto, sottovalutare i rischi e non affrontare con tempestività e misure appropriate i nodi cruciali della nostra alta vulnerabilità sarebbe una scelta altamente temeraria e quindi poco saggia.