La PA paga più in fretta.
Con beneficio del Pil
G.P.

Non sono soltanto i risparmiatori e i “Bot people” a finanziare il gigantesco debito pubblico della Repubblica Italiana. Un ruolo importante è svolto anche dai fornitori della Pubblica Amministrazione che finanziano lo Stato. Nel 2012, al culmine della crisi del debito sovrano le imprese fornitrici della PA dovevano aspettare più delle altre per riscuotere i propri crediti di fornitura, detenere un maggiore capitale e più liquidità. Negli ultimi anni, con le misure varate dal governo per ridurre i tempi di pagamento e smaltire l’arretrato, il divario si è sensibilmente ridotto. Tuttavia, le imprese che forniscono il settore pubblico continuano a dover tenere in bilancio più attività liquide per fronteggiare possibili ritardi del ciclo dei pagamenti.

In Finlandia un fornitore attende in media solo 4 giorni per essere pagato dalla PA, in Germania 10, in Francia 19, in Portogallo 70. In Italia l’attesa dura ben 90 giorni: solo la Grecia ha una situazione peggiore (100 giorni) a causa della situazione di dissesto finanziario che ha sfiorato il crack.

Ma come mai in Italia la situazione è così critica? Le cause di queste lungaggini nei pagamenti dei debiti verso fornitori possono essere individuate in diversi fattori: inefficienze interne, problemi di liquidità, disallineamento tra entrate e uscite, effetti del Patto di stabilità UE e le cause civili tra PA e suoi fornitori.

CRIF – azienda globale specializzata in sistemi di informazioni creditizie (SIC) e di business information- ha realizzato uno studio utilizzando il proprio database di tutti i bilanci societari delle imprese italiane e un “repository” dei fornitori della PA redatto sulla base delle informative diffuse     da quest’ultima. Dalle analisi emerge che nel corso degli ultimi anni la situazione è indubbiamente migliorata: nel 2017 la percentuale delle aziende della PA che paga puntualmente i propri fornitori è salita al 22% circa, dodici punti in più del valore registrato nel 2010. Va però sottolineato come, al contempo, sia aumentata l’incidenza dei ritardi gravi, che nel 2017 arrivavano a rappresentare quasi un quarto del totale, con impatti estremamente seri sulla stabilità economico-finanziaria delle imprese fornitrici.

Uno degli indicatori più significativi è il numero di giorni trascorsi in media tra fatturazione e pagamento. L’analisi dei valori mediani mostra come le imprese che lavorano con la PA (fornitori “General Government” o GG nel grafico) debbano aspettare 24 giorni in più rispetto ai non fornitori (Control, campione di controllo, nel grafico) per riscuotere i propri crediti rispetto alle altre imprese.

Crif ha prodotto un’analisi puntuale prendendo a riferimento il periodo della crisi del debito sovrano del 2011-2012. L’utilizzo del debito di fornitura come “buffer” finanziario da parte della PA discende anche dalla definizione di debito pubblico utilizzata fino al 2012 a fini di verifica degli accordi di Maastricht su debito e disavanzo statale. Fino al 2012, infatti, i debiti verso fornitori non erano inclusi in tale definizione, così che la PA aveva convenienza a finanziarsi allungando le scadenze di pagamento piuttosto che emettendo titoli.

A partire dal 2013, peraltro, il Governo ha varato una serie di misure volte a ridurre i ritardi nei pagamenti e a “sbloccare” un significativo quantitativo di pagamenti arretrati. In particolare sono stati destinati a questo scopo 40 miliardi nel 2013, saliti a 50 nel 2014, che hanno ridotto in modo consistente lo stock di debito della PA. Si stima che tale immissione di liquidità nel sistema produttivo abbia avuto un effetto moltiplicativo su tutta l’economia (con un beneficio variabile tra lo 0,2% del Pil nel 2013 e lo 0,7 nel 2014, sebbene la Banca d’Italia proponga stime più conservative). Ciò ha fatto sì che la “morsa” finanziaria sui fornitori della PA (stretti tra crediti di fornitura non pagati e minori finanziamenti bancari) si sia in qualche misura allentata, riducendo lo svantaggio competitivo per questa tipologia di imprese. Secondo le stime di Banca d’Italia, il debito commerciale della PA ammontava a circa il 5% del Pil negli anni 2010-2011, raggiungendo un picco del 6% nel 2012 (pari a €91 miliardi di debito), per poi progressivamente diminuire al 4% nel 2015.

Lo studio condotto sui dati CRIF conferma che durante la fase della crisi i fornitori della PA hanno sofferto di un doppio razionamento del credito, con le banche sempre più restie a prestare e la PA che imponeva tempi di pagamento sempre più svantaggiosi. In secondo luogo il lavoro verifica che lo “smaltimento” del debito arretrato a partire dal 2013 ha prodotto diversi benefici.

Sono state messi a confronto due campioni di imprese simili distinte fra fornitori della PA(con circa 15 mila bilanci) e non fornitori della PA (con altri 13 mila bilanci). Dalle analisi emergono due importati penalizzazioni per le imprese che lavorano con la PA:devono aspettare 24 giorni in più (mediana) tra fatturazione e pagamento per riscuotere i propri crediti rispetto alle altre imprese; devono lavorare con un capitale circolante più elevato per finanziare un ammontare di crediti verso clienti costantemente più elevato.

Altri due elementi interessanti emergono dal confronto: le imprese che lavorano con la PA, da un lato, hanno maggiori debiti bancari (probabilmente anche a causa di un ciclo degli incassi più lento); dall’altro devono mantenere un più elevato indice di liquidità in rapporto al totale dell’attivo.

Aprendo l’analisi per settori, si nota come i fornitori della PA subiscano una minore pressione finanziaria se operano nel settore dei servizi (in particolare servizi pubblici e utilities), probabilmente perché l’interruzione di questi ultimi genererebbe contraccolpi negativi sulla collettività. Per contro, le imprese agricole e manifatturiere che lavorano con la PA sono soggette a una pressione finanziaria piuttosto significativa, che si ripercuote anche sui livelli di investimento, risultati più bassi. Il settore delle costruzioni è invece caratterizzato da valori complessivamente critici degli indicatori analizzati, e ciò indipendentemente dal fatto che le imprese siano o meno fornitrici della PA, probabilmente per effetto di una crisi generalizzata del comparto.

Dal punto di vista territoriale, le imprese che operano nel Centro-sud risultano svantaggiate rispetto a quelle del Nord, perché maggiormente soggette a razionamento del credito e influenzate dalle prassi di pagamento di istituzioni pubbliche meno efficienti. Ne consegue che al Sud i fornitori della PA sono soggetti a una pressione finanziaria ancora più elevata della media, e quindi costrette a detenere un più alto livello di liquidità, cui si contrappone un livello degli investimenti in asset produttivi ridotto.

Nel complesso, dallo studio emerge anche come si siano dimostrati efficaci gli interventi correttivi da parte del Governo introdotti a partire dal 2013. Di fatto, nel breve periodo si assiste a un riequilibrio economico finanziario così intenso da ridurre fortemente le disparità di performance tra fornitori e non-fornitori della PA. Nonostante questo riallineamento, tuttavia, le differenze rimangono anche dopo il 2013.

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