IL PRINCIPE
Perché l’illusione maggioritaria è naufragata senza portare governabilità
Leonardo Morlino
MORLINO

I giornali hanno riportato con il dovuto rilievo la notizia dell’approvazione definitiva della legge elettorale. Ma è questa la vera notizia su cui porre l’accento? Che cosa sia effettivamente accaduto lo capiamo quando constatiamo che la legge approvata indubbiamente porta a un risultato importante, diminuire la probabilità che ci siano due maggioranze diverse tra Camera e Senato, ma soprattutto è una legge sostanzialmente proporzionale con correzioni in senso maggioritario molto parziali e con scarso effetto. Dunque, la notizia è un’altra: dopo 25 anni ovvero dopo il 1992 si è scritta la parola fine ai tentativi di trasformare in senso maggioritario la democrazia italiana.

Un passo importante in questa direzione vi era già stato con l’esito del referendum del 4 dicembre scorso. L’approvazione di questa legge ne è il suggello. Dopo un lunghissimo braccio di ferro tra posizioni ed attori diversi nel corso di un quarto di secolo, come nel gioco dell’oca, risiamo al punto di partenza, che ovviamente nella realtà politica non è mai lo stesso di prima. Oltretutto, nel 1992 esisteva una domanda di governo e un’attesa di trasformazione in senso maggioritario, che sembrava la risposta più adeguata ai problemi di efficienza della democrazia italiana alla prese con problemi economici e corruzione diffusa.

L’attesa maggioritaria era fondata sull’idea che con la fine dei partiti e movimenti comunisti vi fosse un avvicinamento reale tra i diversi attori partitici. Non vi sarebbe stata più un’alta polarizzazione. Invece le successive vicende politiche italiane hanno mostrato: 1. come fossero forti le resistenze ai cambiamenti in senso maggioritario; 2. come la polarizzazione non sia affatto diminuita negli anni; 3. come la stessa risposta alla domanda di governabilità era alla fine sbagliata. Le resistenze venivano dagli attori partitici che potevano contare sulle istituzioni e le procedure fissate dalla Costituzione. In breve, erano state create e si erano consolidate nei decenni regole di garanzia reciproca tra nemici che uscivano dalla Seconda guerra mondiale con concezioni ideologiche estremamente distanti. Tra le regole, basti pensare alla complessa procedura di approvazione di una legge propria del nostro bicameralismo perfetto.

Poi, la polarizzazione o meglio la radicalizzazione non è mai veramente diminuita per effetto sia del forte scontento tra i cittadini che del numero stesso di attori partitici presenti negli anni che dovevano giustificare la loro stessa esistenza con una forte conflittualità. Dunque, la distanza tra le proposte politiche si è mantenuta: è scomparso il Movimento Sociale, ma è stata creata la Lega con il suo carico di rivendicazioni radicali; è scomparso il vecchio PCI con la sua ideologia, dichiarata ma poco messa in atto, ma è rimasta una sinistra radicale per quanto minoritaria. Poi, dal 2008 la crisi economica ha messo le basi del successo di un partito di protesta come il Movimento 5 Stelle.

Qui va sottolineato un paradosso della democrazia: se vi è radicalizzazione tra le posizioni politiche occorre mettersi d’accordo. Dunque, a costo di minore efficienza, solo una democrazia non maggioritaria può funzionare. Se invece il paese ha una cultura politica moderata, omogenea, non radicale, come era fino a qualche anno fa il Regno Unito, allora una soluzione maggioritaria è possibile talvolta con un guadagno di efficienza. Quindi, il terzo aspetto da ricordare è che la domanda era una domanda di governabilità e data la persistente radicalizzazione degli attori la risposta non poteva essere quella di imporre regole maggioritarie (sia elettorali che nel rapporto tra governo e parlamento). In passato, a parte l’eccezione irripetibile della trasformazione della Quarta Repubblica francese, conflittuale e proporzionale, nella Quinta iper-maggioritaria (per l’accumularsi della crisi interna, la crisi esterna con la guerra algerina, e il ruolo centrale del grande eroe della seconda guerra mondiale, De Gaulle), la storia contemporanea non presenta altre trasformazioni di questo tipo.

Le leadership politiche italiane, che hanno fatto questo tentativo in questi 25 anni, avevano scarsa attenzione alla storia ovvero scommettevano sull’impossibile dicendosi che ci si sarebbe riusciti. E ora? Il cammino potrebbe, dovrebbe riprendere dalla ricostruzione della governabilità senza illusioni maggioritarie. Ma anche questa è probabilmente un’altra illusione di chi non vuole arrendersi.

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