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La digitalizzazione della consulenza finanziaria: i robo advice e le regole Mifid

Lo sviluppo digitale ha interessato, nel tempo, anche il settore della consulenza finanziaria. Sono nati così, i robo-advice, servizi online di consulenza finanziaria, che utilizzando un sofisticato automatismo consentono una gestione degli investimenti efficiente ed efficace. All’interno della categoria è importante distinguere, con le rispettive specificità, tre modalità di offerta del servizio di consulenza: il robo-advice puro; il robo-advice ibrido, il robo4advisor. L’elemento caratterizzante il fenomeno è da individuare nel grado di automazione del servizio. La nascita dei robo-advice ha generato importanti riflessioni. Tra le altre, particolare attenzione dovrebbe essere posta all’algoritmo su cui si fonda la raccomandazione di investimento e alla solidità, alla continuità e all’impermeabilità della piattaforma informatica messa a disposizione dell’utente.

Raffaele Lener
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All’interno della categoria si riscontrano, quanto meno, tre diverse modalità di offerta del servizio di consulenza: il robo-advice cosiddetto puro, ove il servizio offerto è effettivamente automatizzato in tutte le sue fasi; il robo-advice cosiddetto ibrido, in cui solo alcune fasi del servizio sono digitalizzate, mentre altre prevedono comunque l’interazione umana; quello gergalmente chiamato robo4advisor, ove il servizio non è offerto al pubblico degli investitori, ma ad altro consulente professionale, che a sua volta utilizza la consulenza così ottenuta per offrire un servizio consulenziale al pubblico.

L’elemento caratterizzante il fenomeno è dunque da individuare nel grado di automazione del servizio: la disgiunzione, totale o parziale, della prestazione dal rapporto umano, conseguenza della sua virtualizzazione, ricorre soltanto nelle fattispecie di robo-advice puro e ibrido. Diversamente, nell’ipotesi di robo4advisor, l’automazione del servizio, ponendosi in un momento antecedente la prestazione consulenziale, non coinvolge in maniera diretta il cliente finale (anche se non è del tutto corretto affermare che ciò sia indifferente per il cliente stesso, tanto da non richiedere neppure misure minime di trasparenza).

A oggi il mercato italiano appare segmentato proprio in funzione della tipologia di servizio offerto, nel senso che gli operatori presenti prestano di norma un solo tipo di consulenza finanziaria automatizzata.  Più precisamente, sul mercato si riscontrano (i) soggetti di recente costituzione che operano in autonomia e solo online. [ad es. Betterment, Wealthfront, Money Farm] e (ii) banche o imprese di investimento, già attive nella prestazione di servizi finanziari, per le quali l’automazione concerne in maniera più o meno marcata un momento antecedente il rapporto con il cliente finale. [ad es. Yellow Advice di CheBanca!].

Si tratta, dunque, di servizi e di soggetti molto diversi fra loro. In conseguenza le esigenze di tutela, in special modo nei confronti della clientela più debole, variano anche in maniera sostanziale.

2. Come ben noto, l’intermediario non può svolgere attività di consulenza personalizzata, anche nelle forme di robo-advice, senza una previa specifica e approfondita conoscenza del cliente.

È altresì noto come la consulenza si declini in tre fattispecie: quella specifica, personalizzata e relativa a un determinato strumento finanziario e a una operazione ben contestualizzata; quella generica, avente a oggetto una tipologia di strumenti finanziari, anziché uno specifico strumento finanziario; e una consulenza di carattere generale, che può riguardare un singolo strumento finanziario e una singola operazione, ma è destinata alla diffusione tramite canali di distribuzione o alla comunicazione a un vasto pubblico.

Delle tre fattispecie solo la consulenza specifica è servizio d’investimento riservato.

L’attività di consulenza che si traduca nel consiglio circa l’acquisto di una tipologia di strumenti finanziari è considerata servizio accessorio, mentre la consulenza non personalizzata riguardante un singolo strumento, qualificabile come consulenza generica, può essere considerata alla stregua di una mera attività promozionale.

Va tenuto presente che, attualmente, il mercato del robo-advice è costituito principalmente da operatori che svolgono attività di mera consulenza generica.

3. Nel robo-advice puro, a causa dell’assenza dell’interazione umana diretta, l’acquisizione delle informazioni personali in applicazione della know your customer rule presenta profili particolari di rischio, poiché si basa necessariamente su questionari compilati online dal cliente.

Il rischio dell’acquisizione di informazioni insufficienti, non veritiere o dell’uso parziale o scorretto di queste sembra qui imporre una doppia verifica: non solo quali informazioni vengono raccolte e come, ma anche in che modo essere sono “autonomamente” valutate nell’individuazione del prodotto adatto al cliente.

Tuttavia, quanto meno in principio, la natura scritta del questionario e l’assenza di interazione umana non costituiscono di per sé un ostacolo alla corretta acquisizione dei dati, considerato che il questionario MiFID è sempre presentato in forma scritta anche nei servizi prestati in presenza.

L’evidenza empirica ha dimostrato che lo strumento finora utilizzato per indagare le caratteristiche del cliente è un modello con scarsa capacità di indagine sul reale profilo di rischio; per tale ragione la nuova direttiva ha imposto un tipo di questionario che cerca di guardare al “financial behaviour” per catturare le reali attitudini e conoscenze finanziarie del cliente. Ma questo nuovo approccio non è compromesso dalla raccolta e dalla valutazione online dei dati. Certo, la presenza fisica del consulente può favorire la raccolta di risposte più consone alle reali esigenze del cliente, nonché una migliore lettura dei dati e delle informazioni ottenute, ma un questionario ben costruito e un buon algoritmo di valutazione, attenuano molto i rischi derivanti dalla mancanza di interazione fisica.

4. Come si capisce, davvero centrale e delicato è il tema dell’algoritmo su cui si fonda la raccomandazione di investimento.

È infatti da domandarsi se il regolatore debba spingersi sino a valutare la correttezza e l’efficacia delle metodologie adottate nella costruzione di siffatte raccomandazioni.

Una simile valutazione sarebbe, da un lato, tecnicamente non agevole e, dall’altro, rischierebbe di scontrarsi con metodologie protette da diritti di privativa e spesso sviluppate da software house terze per conto di robo-advisors.

Tuttavia sarebbe opportuno quanto meno di raccomandare ai soggetti abilitati di chiarire in sede di informativa precontrattuale quale parte del servizio sia “automatizzata”, con una descrizione dell’algoritmo eventualmente utilizzato, delle relative assunzioni e limitazioni, sul modello di quanto previsto in materia di trasparenza delle metodologie di rating.

In tale ambito si potrebbe altresì valutare di chiedere all’advisor di informare il cliente sui soggetti terzi eventualmente coinvolti nella progettazione, nello sviluppo e nella gestione dell’attività automatizzata, in tal modo rendendo trasparente il ruolo dei robo4advisor, che altrimenti finirebbero per restare esclusi dall’attuale quadro normativo.

5. Sotto il profilo della indipendenza, quale requisito per l’autorizzazione e l’iscrizione all’albo, va sottolineato come i rischi maggiori si abbiano con riguardo agli operatori appartenenti a gruppi che offrano servizi di robo-advice funzionalmente collegati con altri servizi offerti dal gruppo.

Non è raro il caso in cui il cliente passi, per mezzo di collegamenti più o meno mediati, dai servizi di consulenza finanziaria a vere e proprie attività di investimento, quali ad esempio l’esecuzione di ordini. Tale processo spesso avviene in un contesto totalmente «virtualizzato» per mezzo di link e con limitata consapevolezza del cliente. [cfr. IOSCO, report sulla consulenza automatizzata del dicembre 2016: “It is important to note, however, that this distinction is not directly visible to the customer, i.e., the customer can initiate execution through the automated investment advice platform”]

Sembra pertanto opportuno che, ai fini della valutazione del requisito dell’indipendenza, si tenga conto pure di tutti quei rapporti che si sostanziano anche solo in un collegamento funzionale, in una facilitazione o indirizzamento di clientela tra robo-advisor e intermediari finanziari.

Non vanno esenti da questo rischio neppure le società di nuova costituzione, che pur non appartengono di norma a gruppi polifunzionali [cfr. report dell’ESMA del 27 settembre 2016]. Tali società infatti sono alla costante ricerca di risorse finanziarie che consentano loro il mantenimento della piattaforma informatica (spesso di terzi proprietari) e l’acquisizione di nuovi clienti. E non di rado si verificano casi in cui il reperimento di risorse finanziarie avviene tramite cessione di quote di partecipazione di minoranza a soggetti operanti nel medesimo settore. Quote che in sé considerate non dovrebbero formalmente compromettere l’indipendenza del robo-advisor, ma che non possono non richiedere una maggiore attenzione in sede di valutazione del requisito di indipendenza [il caso più noto nel contesto nazionale è rappresentato dall’acquisizione di una quota di minoranza da parte di Allianz Global Investors in Money Farm]: si dovrà monitorare la struttura remunerativa dei nuovi operatori, per valutare se e in qual misura la partecipazione al capitale di partner finanziari possa pregiudicare la realizzazione dell’interesse del cliente.

6. Particolare attenzione dovrebbe piuttosto porsi alla solidità, alla continuità e all’impermeabilità della piattaforma informatica messa a disposizione dell’utente. In tale contesto di non poco momento è il tema della c.d. cyber security. Strutture societarie molto esili, o semplicemente prive di un sistema di disaster recovery adeguato, potrebbero porre a serio rischio tanto le informazioni e i dati sensibili del cliente, quanto la funzionalità e la fruibilità del servizio.

Andrebbero dunque introdotti specifici requisiti di natura organizzativa e strutturale, che guardino non tanto al patrimonio, quanto piuttosto all’apparato informatico e alla piattaforma di interfaccia con il cliente.

7. Sappiamo che, ai sensi della MiFID II, l’impresa di investimento, deve chiarire al cliente i) se la consulenza è fornita su base indipendente; ii) se la consulenza è basata su un’analisi di mercato ampia, e in particolare se è limitata agli strumenti finanziari emessi o collocati da soggetti che hanno stretti legami con l’impresa di investimento o altro significativo rapporto legale o economico, come un rapporto contrattuale, tale da comportare il rischio di comprometterne l’indipendenza iii) se l’impresa di investimento fornirà ai clienti la valutazione periodica dell’adeguatezza degli strumenti finanziari raccomandati.

Anche nell’ambito di una consulenza automatizzata vanno inoltre fornite le informazioni sugli strumenti finanziari e sulle strategie di investimento proposte, con le opportune avvertenze sui rischi associati, nonché le informazioni su tutti i costi e gli oneri connessi.

Ed è ancora una volta necessario assicurare la capacità di rielaborazione, da parte del sistema, delle indicazioni impartite dall’investitore, allo scopo di preservare i connotati essenziali del servizio prestato.

Nell’ipotesi di consulenza personalizzata robotizzata (nelle varie declinazioni) possono valere  le medesime regole applicabili alla consulenza tradizionale, sempre a patto di verificare che, quanto meno in principio, l’algoritmo utilizzato dal robot ne consenta l’effettiva personalizzazione.

In ogni caso occorrerà garantire un efficace sistema di interazione tra utente e sistema informatico imponendo, se del caso, l’intervento umano per la risoluzione delle questioni più complesse.

8. Quanto infine alle regole di trasparenza, occorre in primo luogo che si renda chiaro al cliente che entra in contatto, tendenzialmente via web, con un sistema automatizzato se l’attività di consulenza da questo promossa integri o meno un servizio d’investimento, come tale assoggettato alle regole di condotta.

La problematica non è tipica del (solo) robo-advice, tuttavia da questo è acuita, in considerazione della facile accessibilità e fruibilità degli strumenti informatizzati nonché della rapidità del processo.

Si tratta dunque di valutare se le regole di trasparenza previste per il servizio di siano sufficienti ad assicurare, anche nel caso di robo-advice, un’adeguata comprensione dell’attività, dei potenziali rischi, dei diritti e degli obblighi nei confronti dell’advisor, in condizioni di assenza o di limitate interazioni umane. In questo caso sono interessate tutte le fasi della relazione tra l’advisor e il cliente e la questione, a ben guardare, costituisce parte di quella più generale se il robo-advice richieda presidi informativi rafforzati.

In realtà ciò che veramente è importante è che siano chiaramente delimitati i confini del servizio, quando una o più fasi della consulenza siano automatizzate.

Se il discrimine è rappresentato dalla personalizzazione della raccomandazione, qualora il robo-advisor fosse in grado di elaborare le informazioni ricevute in modo da costruire una raccomandazione adeguata alla profilatura del cliente, a lui formulandola come tale, il robo-advice configurerebbe una consulenza in materia di investimenti, eventualmente “di base”. Diversamente, si avrebbe consulenza generica ove la raccomandazione del robo-advisor dovesse essere standardizzata o non propriamente personalizzata, anche se genericamente riferibile al profilo dell’investitore.

Chiariti in modo adeguato questi aspetti, sembra invero che gli obblighi previsti attualmente dalla normativa interna di attuazione della MiFID II siano complessivamente adeguati e non necessitino di particolari “rafforzamenti” per l’ipotesi di robo-advice.

 

Sul tema del regulatory sandbox leggi il paper Ebi

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