Il livello dello spread fra rendimenti dei titoli pubblici di un singolo paese e rendimenti dei titoli pubblici della Germania riflette nella sostanza le condizioni economiche e finanziarie di un singolo paese, esprimendo le indicazioni e il giudizio degli investitori sulla capacità dello stato nella restituzione del debito. Economia, finanza, politiche economiche e fiscali del singolo paese entrano nella piena valutazione e considerazione del pubblico degli investitori composto da investitori nazionali ed esteri.
Lo spread sottintende la differenza fra rendimento di un BTP italiano e un Bund tedesco sulle rispettive scadenze a 10 anni. Il livello dello spread subisce oscillazioni pressoché giornaliere indicando nella sostanza il rischio insito nell’emittente e, quindi, il livello più alto o più basso del costo delle nuove emissioni di titoli pubblici. Pertanto, lo spread costituisce la percezione del rischio dei mercati finanziari nei confronti dei singoli stati.
Perché si prende come riferimento o benchmark il Bund tedesco? Perché nell’area euro l’economia tedesca è la più forte e, quindi, presenta finanze pubbliche in equilibrio. Vale precisare che il Bund tedesco è considerato privo di rischio perché l’emittente è molto solido e invece il BTP italiano include un livello di rischio tanto più alto quanto più alto è lo spread.
In Italia durante l’anno 2018 lo spread presenta un notevole innalzamento che raggiunge quasi 200 basis points nel passaggio dal massimo del governo Gentiloni al massimo del governo Conte, indicando incrementi dopo l’insediamento al 1 giugno 2018 del nuovo governo specie dopo il varo della legge di bilancio 2019. In tempi recenti, nel periodo marzo-maggio 2019, lo spread tende di nuovo al rialzo con picchi intorno a 300 (figura 1).
Figura 1: Spread BTP-Bund trend (Gennaio 2018-Maggio 2019)
Fonte: Dati dal sito – Investing.com
Incrementi nello spread di per sé sottintendono rialzi della spesa per interessi sulle nuove emissioni di titoli pubblici, aggravando la spesa pubblica e, quindi, influendo negativamente sull’innalzamento del debito pubblico che grava pur sempre sui cittadini italiani e, specie, sulle future generazioni.
È necessario considerare anche il fattore i-g che rappresenta il differenziale fra tasso di interesse medio pagato sul debito (i) e la crescita nominale del Pil (g), incidendo sulla dinamica del debito pubblico e sulla possibilità della riduzione. Come emerge dal Economic Bulletin, issue 2, 2019 della BCE, l’Italia è l’unico paese dell’eurozona ad avere un fattore i-g positivo e, per conseguenza, costretto a mantenere un elevato avanzo primario al fine di stabilizzare o ridurre il peso del debito pubblico.
Il rapporto debito/PIL che si colloca al di sopra del 130 per cento esprime allo stesso tempo una intrinseca debolezza dell’economia italiana nella capacità di produzione di nuova ricchezza. Questo è un punto focale che risulta da una bassa crescita economica e da un accrescimento del livello del debito pubblico.
Vale precisare che un alto livello del debito pubblico riduce fortemente gli spazi di manovra delle politiche fiscali a fini anticiclici.
Quali sono i fattori strutturali che influiscono negativamente sulla crescita economica per l’Italia: evasione fiscale, corruzione, eccesso di burocrazia, invecchiamento della popolazione, squilibrio fra nord e sud, lentezza della giustizia, la stima per l’impatto negativo di questo ultimo fattore si aggira intorno all’uno per cento del PIL su base annua.
È un dato che, ripetuto nel tempo senza correzioni, si rivela veramente assai importante sul piano della riduzione nella capacità di accrescimento della ricchezza dell’Italia. Ugualmente importante è il dato macroscopico dell’evasione fiscale stimato intorno ai 130 miliardi di euro su base annua, collocando l’Italia su posizioni poco lusinghiere nel contesto dei paesi europei. La ripetizione nel tempo sottrae ingenti risorse alle pubbliche amministrazioni, innalzando la crescita del debito pubblico.
Nel periodo 2001-2007, l’Italia presenta una flessione della produttività, intesa alla stregua di PIL per ora lavorata, pari a -0,01 per cento su base annua, collocandosi all’ultimo posto nella classifica dei paesi industrializzati. Negli anni dal 2010 al 2016, la produttività dell’Italia cresce del +0,14 per cento su base annua, presentando il dato peggiore dopo la Grecia.
A ben vedere, l’Italia si distingue per un modello di sviluppo a bassa innovazione tecnologica in abbinamento a inefficienze e incertezze della giustizia.
I fattori strutturali posti in evidenza rappresentano notevoli ostacoli sul terreno della crescita economica. Ignorandoli o lasciandoli inalterati crea seri problemi all’Italia nel contesto europeo e internazionale.
Lo spread costituisce una misura indiretta della capacità dello stato di restituzione del credito ricevuto (rischio di insolvenza) e, allo stesso tempo, una misura della fiducia degli investitori nei confronti dei titoli emessi dallo stato.
Il livello dello spread fra rendimenti dei titoli pubblici di un singolo paese e rendimenti dei titoli pubblici della Germania riflette nella sostanza le condizioni economiche e finanziarie di un singolo paese, esprimendo le indicazioni e il giudizio degli investitori sulla capacità dello stato nella restituzione del debito. Economia, finanza, politiche economiche e fiscali del singolo paese entrano nella piena valutazione e considerazione del pubblico degli investitori composto da investitori nazionali ed esteri. Il debito collocato presuppone la ripartizione presso residenti intorno al 70,49 per cento e non residenti intorno al 29,51 per cento ritrovando oscillazioni e cambiamenti di preferenze da un periodo all’altro (figura 2).
Figura 2: Composizione debito pubblico italiano:residenti e non residenti
Fonte: Banca d’Italia, Finanza pubblica: fabbisogno e debito, 15 maggio 2019.
L’innalzamento dello spread sottintende l’incremento del costo sulle nuove emissioni di titoli del debito pubblico, aumentando la spesa pubblica per interessi e, al tempo stesso, l’indebitamento complessivo. Incrementi nella spesa pubblica e nel debito pubblico tendono al peggioramento delle finanze pubbliche, creando presupposti per correzioni e influendo negativamente sugli obiettivi di crescita economica indicati nella definizione della legge di bilancio del governo Conte. La politica dei proclami, la politica degli pseudo-ragionamenti economici, la politica dei continui contrasti con l’Europa espresse dal governo giallo-verde incidono negativamente sul livello dello spread e provocano negativi riflessi sul piano finanziario ed economico.
L’alto livello del quoziente debito/PIL sottintende squilibri in grado di innescare instabilità finanziaria mediante oscillazioni di valore in negativo nei titoli pubblici alla crescita dello spread e, al tempo stesso, oscillazioni in negativo nei portafogli titoli pubblici nell’attivo delle banche con riflessi negativi sui loro prezzi, creando un circolo vizioso e riproponendo i meccanismi della sovereign debt crisis che si è aggirata per l’Europa sino a tempi recenti. Tale circostanza presenta elementi negativi sia per l’Italia sia per l’Europa. Il nostro paese non vive nel contesto dei confini geografici dello stivale. I rapporti economici vanno ben al di là. Far ripartire e alimentare la sovereign debt crisis con tutti i connessi riflessi negativi è veramente rischioso per l’Italia, l’Europa e l’euro.
Innalzamenti nella dinamica dello spread e, al tempo stesso, oscillazioni negative dei valori dell’attivo delle banche e ancora nei valori delle azioni bancarie e ancora nella capacità di erogazione dei prestiti alla clientela, sollevano criticità nel contesto bancario e, quindi, nei presupposti alla crescita economica.
L’accrescimento dello spread e il conseguente impatto negativo sull’attivo di bilancio, sul valore delle azioni bancarie e sul livello dei prestiti sottintendono un danno patrimoniale per tutti gli investitori in titoli pubblici italiani e nel capitale delle banche e altri intermediari finanziari. Innalzamento dello spread e, al tempo stesso, declassamenti delle agenzie di rating (vedi ancora il caso Italia) provocano rilevanti perdite di valore patrimoniale.
Impennate dello spread producono indebolimenti delle banche che possono estendersi al livello di capitalizzazione, innestando un meccanismo pericoloso che porta a riduzione dei prestiti all’economia e, quindi, riducendo le basi per lo sviluppo economico che passa largamente dal finanziamento in misura adeguata delle imprese e, specie, delle imprese di piccole e medie dimensioni. Non solo, un alto livello dello spread, ad esempio di 300 basis points, sottintende un costo di finanziamento delle imprese italiane, specie di piccole e medie dimensioni, di circa 3 punti percentuali in più rispetto alle imprese tedesche, incidendo ancora negativamente sulla crescita economica.
Le turbolenze finanziarie dell’area euro hanno evidenziato i forti legami tra i rischi di credito di stati e banche. Così, la subprime mortgage financial crisis ha provocato nella sostanza la trasmissione del rischio di credito dal sistema bancario al sistema pubblico, originando riflessi sul piano dell’incremento della spesa pubblica e dei disavanzi primari oppure della sola spesa pubblica, lasciando invariati i disavanzi primari per una correzione fiscale. La seconda ipotesi sottintende finanze pubbliche in equilibrio e il loro mantenimento in equilibrio, non producendo alcun impatto sul rischio di credito dei titoli pubblici. La prima ipotesi sottolinea invece un peggioramento nella situazione debitoria dello stato, introducendo fattori di deterioramento più o meno gravi e sollevando un impatto negativo sul rischio di credito dei titoli pubblici.
La sovereign debt crisis ha provocato appunto la trasmissione del rischio di credito dal sistema pubblico al sistema bancario per le oscillazioni di valore insorte nel contesto dei titoli pubblici pur sempre presenti nel portafoglio strumenti finanziari delle banche.
L’incremento del rischio di credito sulle emissioni pubbliche è fotografato dal mercato dei credit default swaps sulla solvibilità degli stati. A motivo inizialmente della subprime mortgage financial crisis e a motivo successivamente e con maggiore intensità della sovereign debt crisis, i volumi degli scambi nei derivati in discorso presentano una crescita esponenziale per il ruolo svolto nelle scelte economiche degli investitori e nelle strategie delle autorità monetarie.
In questo ambito, giova sottolineare alcuni punti:
La crescita economica può essere promossa attraverso una forte spinta verso gli investimenti pubblici e privati mediante il sostegno finanziario espresso dalle banche, dagli intermediari finanziari e dai mercati finanziari.
È importante sottolineare la necessità di un rafforzamento del sistema bancario, assicurativo, dei fondi comuni di investimento mobiliare e dei mercati finanziari. Instabilità, incrementi nello spread verificatisi dall’insediamento del governo Conte non forniscono adeguati presupposti, anzi tendono a rendere il quadro nettamente complicato con rischi di sfociare in crisi finanziarie di ampia portata e recessioni economiche.
Pertanto, lo spread BTP-Bund non è una variabile di poco peso e di poco conto ma una variabile di notevole importanza, senza considerare i danni prodotti da oscillazioni all’aumento per l’impatto sulla riduzione dei valori patrimoniali dell’attivo delle banche, delle assicurazioni e dei fondi mobiliari per la detenzione di titoli pubblici e i negativi riflessi sul valore delle azioni bancarie e finanziarie e, quindi, sugli andamenti dei mercati finanziari e sulle mire espansive dei gruppi esteri. Emerge l’importanza dello spread per l’impatto e gli aggiustamenti su diverse variabili e sul sistema finanziario nel suo insieme.
Le crisi finanziarie della subprime mortgage financial crisis e, specie, della sovereign crisis, hanno posto all’attenzione lo spread e i pericoli insiti negli incrementi dello spread per i riflessi negativi sui conti pubblici, sul debito pubblico, sul sistema finanziario e sul sistema economico.
Le scelte del governo italiano sembrano ignorare la recente storia delle crisi finanziarie con tutti i pericoli di instabilità finanziaria che sono scaturiti per l’instabilità finanziaria insita nelle crisi e fallimenti di banche e intermediari finanziari, nelle crisi e fallimenti di mercati finanziari e nella manifestazione di crisi economiche.
I problemi finanziari ed economici dell’Italia derivano da fattori strutturali sopra esaminati e non certo risolvibili con misure di assistenzialismo finanziario, incremento della spesa pubblica e incremento del debito pubblico accompagnati da incrementi dello spread e instabilità bancaria e finanziaria già nella fase attuale.
Solo una profonda ignoranza delle problematiche finanziarie ed economiche e dei connessi legami può spingere verso il mantenimento di uno spread così alto. Il che spinge verso una fase di declino dell’Italia in Europa e verso pericoli per l’euro.