La migliore strategia elettorale è quella di occupare il Centro perché è questa la collocazione politica vincente? Esaminando ciò che consente a questa strategia di vincere il politologo avverte che in Italia non funziona. Piuttosto, serve altro. Come Matteo Renzi sembra avere capito.
Ormai da diversi anni, in Italia vi è grande attenzione alle elezioni. Magari se ne fanno di meno rispetto agli altri paesi – ad esempio, in Spagna ci sono state tre elezioni in quattro anni – ma se ne discute molto. In questo dibattito una domanda che continua ad essere riproposta è se si vincono le elezioni al centro, ovvero con strategie di posizionamento del partito in un’area centrale, moderata dello spettro politico.
Rispondere a questa domanda potrebbe anche aiutare a capire meglio sia le ragioni della scissione di Renzi con Italia Viva, sia il suo attivismo politico anche verso Forza Italia e altri esponenti politici non di sinistra.
I fattori che possono portare a vincere le elezioni o almeno a raggiungere dei buoni risultati elettorali sono tre, collegati e reciprocamente rinforzanti. Il primo: deve esistere un’opinione moderata che sia disponibile ad andare a votare.
In Italia, la lunga crisi economica degli anni passati e la sostanziale stagnazione successiva hanno portato alla crescita dell’insoddisfazione con due conseguenze: una parte dei potenziali moderati non è andata a votare e un’altra parte si è radicalizzata preferendo dare il proprio sostegno elettorale a forze di protesta ovvero di destra o sinistra radicale. In breve, maggiore astensione è stata accompagnata da maggiore polarizzazione.
Questo fenomeno, che ha interessato tutte le democrazie dall’Europa alle Americhe, può avere un’incidenza maggiore, in certe situazioni, a seconda del sistema elettorale, ed è questo il secondo fattore da considerare.
Ad esempio, il sistema elettorale degli Stati Uniti è un maggioritario che privilegia il voto moderato, soprattutto se accompagnato, come è effettivamente, da un assetto bipartitico. Però, nelle ultime elezioni presidenziali del 2016 e anche in quelle parlamentari di medio termine del 2018 negli Stati Uniti, per ragioni diverse – spiegate più che dalla crisi economica da una rivoluzione tecnologica e di riassestamento del sistema industriale-finanziario statunitense – il centro si era svuotato. Chi è andato a votare ha preferito il candidato presidenziale più radicale o i candidati alla Camera e al Senato meno moderati. In breve, per la prima volta nella storia elettorale americana la predizione che si vinceva al centro è stata falsificata almeno nelle due ultime occasioni.
Il terzo fattore da includere nell’analisi è la frammentazione del sistema partitico. Si può sostenere che in un contesto poco frammentato il partito di centro ha maggiore potenziale di coalizione perché può formare un governo sia con la destra che con la sinistra. Almeno per l’Italia, con un’alta frammentazione partitica e dopo gli ultimi due governi, che hanno visto succedersi le alleanze più diverse addirittura con lo stesso presidente del consiglio, si può serenamente concludere che il maggiore potere di coalizione di partiti del centro va ripensato.
Dunque, si vince al centro se esiste un’opinione moderata, se vi è un sistema elettorale che aiuta il voto di centro, come sono i sistemi maggioritari, e se vi è un sistema non troppo frammentato (a tre partiti nello scenario più favorevole). E allora? Semplicemente, in Italia non ci sono le condizioni per vincere al centro.
Ma immaginiamo che invece esistano. Anche in presenza delle tre condizioni, perché una strategia centrista funzioni è necessario un altro elemento, che emerge bene dalle elezioni di gennaio in Emilia-Romagna. Se teniamo conto con molta cautela della lezione suggerita da quelle elezioni, dobbiamo concludere che un elettore rimasto moderato può tornare a votare solo per un leader e un partito che abbiano dato ampia prova di saper governare.
Se è così, come spiegare il superattivismo di Renzi? In un contesto in cui l’opinione di centro è limitata e preferisce non votare, vi è un sistema elettorale sostanzialmente proporzionale e il sistema partitico è frammentato, oltre a non avere dato prove di sapere governare bene, bisogna pensare a una strategia sub-ottimale.
Quale? L’importante non è stare al centro ma essere “coalizionabile”, cioè non esplicitamente troppo radicale e antisistema, ed essere il più visibile possibile scegliendo temi di conflitto che attirino l’attenzione dei diversi media. L’alta frammentazione, poi, fa sì che anche un piccolo partito con pochi parlamentari possa essere decisivo per il governo. Vi è un’altra scelta, se non si vuole sparire politicamente dopo diversi fallimenti?