Il lavoro bancario è destinato a una radicale revisione. Alla riduzione dei compiti operativi elementari corrisponderà la tendenza alla specializzazione tecnico-professionale con l’affermarsi del ruolo del cosiddetto professional. Le banche dovranno saper coniugare le potenzialità che derivano dalla digital transformation con gli obiettivi di sviluppo e valorizzazione del capitale umano.
In questi ultimi anni il lavoro in banca è molto cambiato con l’evoluzione dei modelli di business, le ristrutturazioni organizzative e soprattutto una forte accelerazione della digitalizzazione dei processi. L’interesse della ricerca per l’organizzazione del lavoro bancario non pare però essersi riacceso più di tanto. Gran parte delle analisi si sofferma sulle conseguenze macro-organizzative come la riduzione del numero degli sportelli e il taglio degli organici. Ma il cambiamento appare molto più pervasivo.
Infatti, tra le ipotesi interpretative dell’attuale evoluzione dei modelli organizzativi e manageriali delle banche e soprattutto dei maggiori gruppi bancari vi è quella del passaggio da assetti di tipo gerarchico-piramidale ad assetti-snelli piatti. Questa evoluzione comporta diversi benefici, tra cui la riduzione dei costi di struttura, una maggiore flessibilità e rapidità di risposta ai cambiamenti di mercato, ma anche il miglioramento della professionalità e della motivazione al lavoro.
Il passaggio dal primo modello al secondo modello è reso possibile grazie a un ampio uso della tecnologia digitale. Vi è quindi da chiedersi anzitutto se siamo effettivamente in presenza di questa evoluzione. Inoltre – e questo è l’aspetto ancor più rilevante – occorre considerare se la digitalizzazione viene impiegata dalle banche anche con l’obiettivo di migliorare le mansioni sul piano della qualità del lavoro e della professionalizzazione. Infatti, l’evoluzione tecnologica-organizzativa della banca può essere virtuosa se la tecnologia informatica, oltre a realizzare una maggiore efficienza e flessibilità organizzativa, migliora le condizioni e il contesto di lavoro. Su questi aspetti le conoscenze sono limitate.
Da recenti indagini (Baravelli M. e Pesic V., Scenari, evoluzione dei modelli di business e cambiamento dei ruoli manageriali delle banche e Interviste al middle management, Rapporto FIRST-CISL/Sapienza), che hanno cercato di colmare tali vuoti di conoscenza, è emersa una forte semplificazione degli assetti organizzativi con la riduzione del numero delle posizioni di middle management. Ciò potrebbe suggerire che la riduzione dei capi intermedi derivi dalla riorganizzazione del lavoro con mansioni più autonome che non richiedono forme di coordinamento e controllo basate sulla supervisione diretta. La stessa indagine mostra però che è aumentato l’accentramento decisionale presso il vertice e che al taglio dei capi intermedi non ha corrisposto l’empowerment del personale operativo.
In realtà, le procedure informatiche stanno sempre più guidando le attività operative. Ciò è dovuto anche ai maggiori controlli interni, in conseguenza di un quadro normativo più restrittivo. La digitalizzazione dei processi e la riduzione del numero dei dirigenti di livello intermedio a cui il personale può fare riferimento stanno creando quindi un contesto più burocratico.
Dalle indagini citate emerge che l’obiettivo prevalente è quello dell’efficientamento e dello snellimento/appiattimento organizzativo per ridurre i costi. Il forte accentramento decisionale limita se non annulla il coinvolgimento del personale ai vari livelli gerarchici nei processi di innovazione i quali vengono decisi e calati dall’alto. Poiché la conoscenza è pertanto accentrata presso il vertice, vi è il rischio di un impoverimento e svilimento del capitale umano della banca che resta focalizzato sugli aspetti essenzialmente esecutivi.
Ciò mostra come la tecnologia non possa mettere in secondo piano le politiche organizzative del lavoro. Anzi ci si dovrebbe interrogare sullo stato della pianificazione organizzativa e del personale. Infatti vi sono molte ragioni per mettere al centro dell’evoluzione dei modelli di business bancari non solo la tecnologia ma anche le risorse umane.
Se in prospettiva la digital trasformation richiede un’ulteriore riduzione quantitativa degli organici, dall’altro lato sollecita lo sviluppo qualitativo del capitale umano della banca, anche perché più elevata è la penetrazione della tecnologia più si ha bisogno di partecipazione, coinvolgimento, creatività.
Si consideri che sull’evoluzione dei modelli di business delle banche influiscono sia le dinamiche competitive sia le nuove esigenze della domanda. In questi termini se, come taluni prevedono, le banche subiranno la concorrenza delle Fintech nel business dei pagamenti e dei servizi creditizi elementari e standardizzati, esse avranno comunque la possibilità di posizionarsi nell’ambito dei servizi della finanza specialistica e personalizzata, dei servizi di advisory e dei servizi creditizi complessi.
Queste attività sono del resto sollecitate da un’economia che per tornare a crescere ha bisogno non solo di credito tradizionale ma anche e soprattutto di una finanza per gli investimenti, l’innovazione e la trasformazione produttiva. Si tratta di servizi attualmente poco presenti nelle banche italiane, più orientate al credito tradizionale, ma che sono proprio quelli che combinano un’alta efficienza operativa, grazie alla digitalizzazione dei processi, con la necessità di elevate competenze distintive.
In questo scenario, il lavoro bancario è destinato a una radicale revisione. Alla riduzione dei compiti operativi elementari corrisponderà la tendenza alla specializzazione tecnico-professionale con l’affermarsi del ruolo del cosiddetto professional ad alte competenze di prodotto/servizio o di processo in vari settori. Così potrà prendere piede definitivamente lo smart-working che è emerso con la crisi pandemica del Covid-19. E assisteremo anche a un maggiore snellimento e appiattimento delle strutture organizzative con nuovi assetti manageriali. Con lo sviluppo delle reti distributive telematiche si avrà un’ulteriore riduzione delle strutture di middle management.
Nel realizzare tale cambiamento è necessario, tuttavia, che le banche siano effettivamente in grado di coniugare le potenzialità che derivano dalla digital transformation con gli obiettivi di sviluppo e valorizzazione del capitale umano, senza che il primo fattore “mortifichi” il secondo. Da questo punto di vista si tratta di riflettere sulle suddette tendenze visto che il ruolo di middle manager è rilevante nel knowledge management e nella gestione del personale.
Ciò significa che le banche oltre a seguire le indicazioni del freedom management, che raccomanda di ridurre il peso della gerarchia, di decentrare e puntare all’auto-organizzazione al fine della flessibilità e resilienza organizzativa, dovrebbero seguire anche i principi dell’emotional management che sostiene l’importanza dei fattori motivazionali e del benessere psicologico individuale e aziendale al fine di mobilitare l’intelligenza emotiva e collaborativa onde promuovere le capacità creative e di innovazione.
Per una riflessione compiuta su questi temi si veda anche il recentissimo articolo pubblicato sul n 4/2020 di Rivista Bancaria -Minerva Bancaria www.rivistabancaria.it