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Golden Power e spazi di miglioramento

L’aumento del ricorso ai poteri speciali ha riacceso il dibattito sui confini entro cui dovrebbe muoversi l’interventismo statale in un’economia di mercato coerente con il mercato unico europeo. Diventa necessaria una normativa sovranazionale capace di definire regole comuni che protegga gli interessi strategici senza confliggere con le priorità nazionali. Nell’attesa, l’Italia può fare alcuni passi nella giusta direzione. Ecco quali

Biancamaria Raganelli*
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Garantire la sicurezza e tutelare gli interessi strategici di un Paese senza intaccarne la competitività, compromettere le regole di funzionamento del mercato unico europeo e violare i principi di un’economia di mercato resta una sfida complessa.

Negli ultimi anni, a causa delle ripercussioni della pandemia alla crisi energetica e alle crescenti tensioni geopolitiche internazionali, molti Stati hanno rafforzato i meccanismi di controllo sugli investimenti diretti esteri. In Europa diversi settori strategici sono stati posti sotto sorveglianza governativa per proteggere imprese considerate cruciali, infrastrutture essenziali e asset tecnologici sensibili.

Tuttavia, come noto, un utilizzo indiscriminato della discrezionalità statale nell’applicazione di poteri speciali può entrare in contrasto con i principi di un mercato aperto e competitivo, influenzando negativamente operazioni strategiche, come già avvenuto in casi recenti.

Si pensi, ad esempio, a Nexperia, una società specializzata nella produzione di chip per applicazioni automobilistiche ed elettroniche, inizialmente acquisita da un gruppo cinese e successivamente sottoposta a un controllo governativo olandese attraverso una normativa d’emergenza per proteggere la sicurezza nazionale e le forniture stabili. Un altro caso riguarda l’intervento del governo spagnolo nell’operazione di acquisizione del Banco Sabadell da parte di BBVA, dove sono state imposte specifiche condizioni. In Italia, il Governo ha scelto di non intervenire nell’offerta pubblica di scambio di Mediobanca su Generali, mentre ha imposto limitazioni al tentativo di acquisizione di Banco BPM da parte di Unicredit.

Queste differenti modalità di esercizio – o non esercizio – del golden power riflettono la tensione tra interessi strategici nazionali e libertà economica, sollevando interrogativi sulla misura ottimale di discrezionalità da riconoscere agli Stati.

Dal 2020 al 2024, il numero di notifiche al Governo italiano riguardanti operazioni soggette al golden power è raddoppiato, con oltre la metà delle richieste ritenute non rilevanti. Questo dato evidenzia un clima di cautela tra le imprese, preoccupate di incorrere in sanzioni, ma rischia di irrigidire un sistema già sottoposto a pressioni considerevoli.

L’aumento del ricorso ai poteri speciali ha riacceso il dibattito sui confini entro cui dovrebbe muoversi l’interventismo statale in un’economia di mercato che, idealmente, dovrebbe mantenersi coerente con il principio del mercato unico europeo.

La situazione è complicata da un quadro normativo stratificato e complesso, alimentato sia da normative europee che nazionali, che richiederebbe un processo organico di semplificazione, razionalizzazione e coordinamento. A livello europeo, è indispensabile lavorare verso una maggiore armonizzazione della disciplina e un coordinamento tra gli Stati membri, in modo da evitare frammentazioni che minano il mercato unico.

È auspicabile l’introduzione di una normativa sovranazionale capace di definire regole comuni per consolidare un mercato unico della sicurezza economica, che protegga gli interessi strategici senza confliggere con le priorità nazionali. Un quadro normativo condiviso contribuirebbe a ridurre le differenze dell’assunzione discrezionale delle decisioni da parte dei singoli Governi e limiterebbe il fenomeno dell’arbitraggio regolamentare, garantendo una maggiore certezza normativa per le imprese.

Tuttavia, questo percorso richiede una volontà politica unica o quantomeno coordinata, che l’Unione Europea fatica ancora a esprimere, divisa com’è tra ambizioni spesso sproporzionate e atteggiamenti di chiusura o scetticismo, che sfociano in una paralisi decisionale.

Il coordinamento tra Stati resta complesso e condizionato tanto dalle agende politiche interne, quanto dall’influenza delle grandi potenze globali. Una convergenza politica e fiscale diventa quindi oltremodo urgente per permettere all’Europa di affermarsi come un attore strategico unitario sul palcoscenico internazionale.

I governi nazionali sono chiamati a definire con chiarezza cosa intendano proteggere come e in quanto “strategico” e intervenire per semplificare la normativa interna, coordinare le procedure amministrative e stabilire deroghe ed eccezioni ben delimitate. È necessario garantire maggiore trasparenza e coerenza nell’applicazione dei meccanismi di esercizio di poteri speciali, evitando interferenze che possano compromettere la competitività economica.

A livello nazionale, la regolamentazione sul golden power ha avuto il merito di potenziare la capacità del Paese di tutelare i propri interessi strategici, ma emerge la necessità di un intervento di perfezionamento, che garantisca affidabilità ed efficacia.

Si tratta di un sistema che funziona bene nell’ottica dell’emergenza, ma risulta meno efficace nel garantire certezza, proporzionalità e prevedibilità sul lungo termine. Persistono alcuni limiti e criticità che sarebbe opportuno superare: frammentazione normativa, sovrapposizioni legislative, mancanza di chiarezza nelle definizioni, eccessivi oneri procedurali e tempistiche spesso incompatibili con le esigenze della competitività economica. Tali carenze generano costi aggiuntivi per le imprese, incertezza per gli investitori e, in definitiva, ostacolano la crescita economica.

L’implementazione delle direttive europee in materia di cybersicurezza (NIS 2 – Network and Information Security), finalizzata a incrementare la protezione delle infrastrutture critiche e digitali, e della direttiva sulla Resilienza delle Entità Critiche (CER), volta a mitigare le minacce ai servizi essenziali come energia, trasporti e acqua, ha contribuito a rafforzare tali settori. Tuttavia, è indispensabile avviare un processo di riordino normativo organico che unifichi questi interventi in un testo unico.

In questo contesto, risulta essenziale chiarire i rapporti tra il golden power e altre normative rilevanti – come quelle relative all’antitrust, alla vigilanza bancaria, finanziaria e assicurativa, nonché alla cybersicurezza. Un’efficace razionalizzazione del sistema normativo consentirebbe di stabilire un coordinamento stabile tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le autorità indipendenti (AGCM, CONSOB, IVASS, Banca d’Italia), limitando duplicazioni, discrepanze interpretative e rallentamenti decisionali. Una riforma in tal senso rappresenterebbe anche l’occasione per affrontare questioni specifiche come i regimi concessori, i pegni legati ai controlli societari e le operazioni infragruppo prive di effetti reali sul controllo.

Sarebbe inoltre opportuno ridefinire l’ambito applicativo della normativa, escludendo, salvo eccezioni condivise e validate da un organismo europeo indipendente, le operazioni intra-UE in ossequio al principio di libera circolazione dei capitali e al funzionamento del mercato unico europeo. Questo approccio consentirebbe di armonizzare le regole alla luce di un equilibrio tra tutela degli interessi strategici nazionali ed esigenze del mercato unico.

Dal punto di vista operativo, occorre procedere verso l’adozione di regole procedurali trasparenti e uniformi che garantiscano tempi definiti. La fase di pre-notifica andrebbe potenziata per migliorarne l’efficacia; al contempo, si potrebbe considerare l’introduzione di meccanismi come il silenzio-assenso nei casi meno complessi. Una piattaforma digitale gestita dalla Presidenza del Consiglio eventualmente in coordinamento con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, potrebbe agevolare il dialogo con le imprese, centralizzando modelli, documentazione e quesiti per semplificare e velocizzare i processi senza pregiudicare la riservatezza.

È necessario inoltre definire una classificazione chiara delle operazioni soggette a notifica, così da rendere il sistema più prevedibile per gli operatori economici. Parallelamente, il peso delle raccomandazioni contenute nei provvedimenti di mancato esercizio dovrebbe essere meglio delineato, per ridurre le incertezze interpretative e assicurare maggiore chiarezza normativa.

Un’evoluzione normativa dovrebbe includere anche una profonda revisione del sistema sanzionatorio. Oggi le sanzioni sono spesso percepite come imprevedibili e sproporzionate, generando un ricorso eccessivo alle notifiche prudenziali e aumentando la sfiducia degli operatori. Serve introdurre criteri obiettivi per la commisurazione delle sanzioni, valutati in funzione del valore dell’operazione, del rischio per la sicurezza nazionale e dell’eventuale recidiva. Andrebbe differenziato il trattamento tra violazioni formali e sostanziali, così da favorire l’irrogazione di sanzioni deterrenti ma non punitive al punto da scoraggiare gli investimenti o innescare comportamenti difensivi.

Contestualmente, l’introduzione di un obbligo di motivazione relativo ai criteri adottati per ogni decisione sanzionatoria e la pubblicazione di linee guida ufficiali consentirebbero alle imprese di comprendere con maggiore precisione la distinzione tra violazioni gravi e semplici irregolarità e infondere maggiore fiducia agli operatori economici. Ciò permetterebbe, infine, di ridurre incomprensioni, incertezze e il conseguente contenzioso.

In sintesi, è indispensabile lavorare per la ricerca di una posizione unitaria a livello europeo che consenta di definire un quadro normativo chiaro, semplice e armonizzato, che fornisca una tutela efficace degli interessi strategici e un esercizio dei poteri speciali compatibile con un mercato unico europeo e le libertà che ne costituiscono l’infrastruttura.

Nell’attesa l’Italia può fare alcuni passi nella giusta direzione. Ha la possibilità e il dovere di avviare un percorso autonomo di revisione e semplificazione dell’attuale quadro regolatorio, al fine di garantire una maggiore certezza del diritto e il rispetto dei valori fondanti di trasparenza e proporzionalità.


* Università di Roma Tor Vergata, www.eusl.it. Alcune osservazioni e proposte inserite in questo contributo sono state anticipate in un articolo pubblicato dal Sole 24 Ore l’11 Novembre 2025, pag. 14.

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