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BANCHIERI CENTRALI
Alla Bce come alla Fed c'è un problema di comunicazione
Paola Pilati

Anche la Bce, una delle poche istituzioni nata per essere davvero europea, dal momento che gestisce l’euro, l’unico patrimonio collettivo di un’Unione per altri versi frenata dalle istanze nazionaliste, ebbene anche la banca centrale viene “letta” e giudicata attraverso le lenti del patriottismo.

È questo il risultato di un paper con il quale l’economista della Oxford University Alena Wabitsch ha vinto il premio per i Giovani Economisti della Bce. Il paper indaga come vengono recepiti i messaggi della banca centrale a seconda di chi li invia, vale a dire quanto la leadership condiziona la comunicazione.

Wabitsch ha usato dei modelli di linguaggio per valutare i tweet che commentavano le misure prese dalla Bce dopo i policy meeting e capire se e quanto le opinioni del pubblico fossero influenzate dalle diverse nazionalità che le esprimevano.

Nel passaggio dalla presidenza dall’italiano Mario Draghi, nel 2019, a quella della francese Christine Lagarde, l’interesse per i fatti della Bce è aumentato in Francia e sceso in Italia, e anche il grado di accettazione dei messaggi della banca centrale hanno seguito lo stesso cambio di nazionalità: i francesi, per quanto sempre più scettici e scontenti degli italiani, lo erano meno quando a parlare era la Lagarde.

Il risultato a cui vuole giungere il paper è che non è solo il messaggio che conta, ma anche chi lo invia, perché il pubblico preferisce qualcuno con cui ha qualcosa in comune piuttosto che uno straniero.

Un sentimento che non riguarda solo l’Europa. Peggio è andata a Andrew Hauser, un rispettatissimo funzionario della BoE scelto come vicegovernatore della Reserve Bank australiana. Non solo il fatto che fosse un outsider, ma che appartenesse alla classe dirigente degli ex padroni coloniali, lo ha messo cattiva luce presso il pubblico a cui dispensava i suoi messaggi da banchiere centrale: ogni suo discorso era criticatissimo, addirittura con reazioni che erano veri insulti.

Negli Usa, invece, l’accoglienza dei messaggi provenienti dalla banca centrale è legata all’appartenenza politica. Sebbene Jay Powell, attuale presidente della Fed, non faccia nulla per toccare argomenti politicamente controversi, il pubblico repubblicano dubita della sua imparzialità solo perché non lo considera “uno dei suoi”. E viceversa. Così il rischio di politicizzazione nella scelta del successore di Powell da parte di Donald Trump diventa sempre più forte, con grande danno dell’istituzione.

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