CDP ha bloccato l'acquisizione di TIM da parte di Iliad e ha dato il controllo dell'operatore telefonico a Poste. Ora si attende un piano industriale del nuovo gruppo che ne valorizzi le sinergie. Considerando che tra i campi di attività comune emergono quelli in ambito bancario e finanziario
Poste Italiane, con tutte le possibili cautele nella sua definizione generate dal suo ruolo istituzionale e pubblico, è di fatto un intermediario bancario (parzialmente), finanziario e assicurativo, controllato, oltre che dal MEF anche da CDP, che possiamo individuare come il fondo sovrano italiano, alimentato dall’acquisizione dei depositi postali dei cittadini italiani attraverso 12755 sportelli, considerabile come una materia prima strategica del Paese.
Questi depositi consentono alla CDP1 di costruire il proprio portafoglio di investimenti assumendo partecipazioni, oltre che coprendo istituzionalmente il fabbisogno degli enti pubblici territoriali ed economici. Nella realtà l’istituto viene chiamato spesso ad investire in aziende in grave difficoltà, in una ottica di salvataggio, potendo poi incidere anche sulla ricerca delle soluzioni giudicate più opportune secondo una logica più politica che finanziaria. Talune partecipazioni restano tuttavia a lungo ed ingessano una quota del portafoglio.
Un punto centrale da analizzare risiede nella natura anomala del ruolo “bancario” di Poste Italiane (sia chiaro, distintamente dal ruolo di CDP), che è di fatto un concorrente delle banche per alcune funzioni, con differenze statutarie, di ruolo e di assoggettamento alle funzioni di vigilanza delle Autorità Monetarie. Se fosse una banca pura, renderebbe conto alla BCE per dimensione degli AUM, fattore del tutto assente. Essa risponde, come è noto, per alcuni aspetti della propria attività al MEF che, invece, è direttamente e tramite la CDP, l’azionista principale di Poste Italiane.
La vigilanza su BancoPosta è definita nei suoi contenuti dal capitolo 4 della Circolare 285 della Banca d’Italia. Essa esclude dalle attività autorizzabili quella della concessione del credito (come stabilito dal D.P.R. 144/2001 relativo al Regolamento sui servizi di bancoposta), ma nessuna delle altre 14, delle quali 6 effettivamente svolte. Le note2-3-4 riportate in coda individuano nel loro complesso la regolamentazione vigente in carico alle attività consentite all’azienda Poste Italiane s.p.a..
TIM è certamente un’azienda del settore della telefonia, ma presenta nel suo portafoglio molti interessi in campo finanziario che possono essere oggetto di integrazione con alcuni asset di Poste Italiane. Ha interessi, ad esempio, nel sistema dei pagamenti. Poste possiede invece alcune business lines dedicate alla telefonia, potenziali oggetto di grande attenzione per la TIM e argomento di interessanti opportunità di scambio con gli aspetti finanziari in senso lato.
In merito alle ipotesi di una eventuale OPA obbligatoria successiva all’acquisto del pacchetto azionario, dobbiamo ricordare che Il Testo Unico della Finanza (D.Lgs. 58/1998, art. 106) stabilisce che chiunque venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del 30% del capitale di una società quotata in Borsa, deve obbligatoriamente promuovere un’OPA sulla totalità delle azioni ordinarie (entro 30 giorni); il prezzo di offerta non può essere inferiore alla media aritmetica tra il prezzo medio ponderato di mercato degli ultimi 12 mesi e quello più elevato pattuito nello stesso periodo dall’offerente per acquisti di azioni ordinarie. Tuttavia, l’OPA obbligatoria non deve essere lanciata se la partecipazione è detenuta a seguito di una precedente OPA volontaria totalitaria.
Allo stato attuale, in questa operazione, tale obbligo è lontano per una percentuale del 5,19%, quota equivalente, alla luce del prezzo dell’ultimo acquisto, a 236,6 mln€, agevole da coprire qualora di interesse, ma non utile, al momento, per risultare funzionale al controllo di TIM, di fatto già acquisito.
Nella logica industriale, l’intervento su TIM ha la finalità di rendere quest’ultima non contendibile da parte di attori del settore telefonico internazionale, in primo luogo di ILIAD.
Poste e Cdp, scambiandosi le partecipazioni Tim e Nexi, hanno bloccato l’operazione impostata da Iliad: il fondo di private equity inglese Cvc insieme a Iliad voleva comprare la quota di Vivendi ed entrare in Tim a valori scontati e con il controllo di tutto il gruppo. Quindi, il nuovo scenario muta e si rovescia: non possono proseguire nella loro intenzione di controllare TIM, mentre Poste nel capitale di Tim può realizzare le promettenti sinergie industriali tra i due gruppi. La fusione con ILIAD potrà indubbiamente restare ancora d’attualità, ma a condizioni ben differenti: scorporando la Tim Consumer e facendo entrare in questa unità gli azionisti francesi, sotto il controllo degli italiani e non viceversa.
Tim ritorna sotto il controllo italiano (anche se con un’azionista pubblico) con l’acquisizione da parte di Poste, a differenza dei suoi concorrenti principali, in mano a gruppi esteri come Swisscom (Fastweb-Vodafone), Hutchinson (WindTre) e la francese Iliad. Una soluzione certamente gradita sotto il profilo politico, ma anche sotto il profilo della competizione internazionale e nazionale, eliminando i rischi di un intervento francese (Vivendi e/o ILIAD), già avvenuto in altri settori della nostra economia (utilities, banche, assicurazioni, industrie e distribuzione).
Il tema bancario e finanziario si inserisce in questo disegno industriale a largo raggio (CDP, Poste Italiane e TIM) fornendo lo spazio per una presenza significativa nel settore quale banca di investimento (CDP), banca di raccolta e impieghi (Poste Italiane), compagnia di assicurazione (Poste Vita) ed istituto di pagamento (sempre con Poste e alcune attività di TIM nel segmento dei pagamenti on line quali Virtual Pos e TimFin). Ulteriori campi di attività coinvolgono il segmento delle neo-banche, dell’attività nel segmento digitale e del futuro sviluppo di intelligenza artificiale nell’attività finanziaria in senso lato.
Anche l’aspetto distributivo viene coinvolto: Poste è dotato di una rete di consulenti finanziari, TIM dispone di un potenziale imponente di clienti coinvolgibili dalla distribuzione dei prodotti e dei servizi bancari, assicurativi e finanziari. Anche nel settore del risparmio gestito Poste è uno degli operatori principali, certamente avvantaggiato, in futuro, dalla disponibilità della rete TIM. Al di fuori di questo contesto, altre sinergie si palesano nei contenuti media, nell’energia e nel cloud. Dal punto di vista del potenziale della clientela, la base è costituita da circa 35 milioni di clienti, molti dei quali, obiettivamente non classificabili come idonei per alcuni dei servizi finanziari proposti.
Osservando la business combination di Poste Italiane, si evidenziano i pagamenti online, la funzione storica tradizionale delle spedizioni e l’operatività nell’area della posta certificata. Analizzando TIM la gestione della rete fibra è un veicolo determinante nella gestione e nella distribuzione dei servizi B/A/F, nei servizi e nei prodotti per la comunicazione, l’intrattenimento, la digitalizzazione e la transizione digitale; tutto quanto serve come struttura per accelerare la modernizzazione dei servizi BAF; infine, si avvale della rete di data center più estesa in Italia e delle competenze di Noovle, Olivetti e Telsy, società del Gruppo, nonché di collaborazioni internazionali. Tramite Sparkle sviluppa infrastrutture per la rete mobile 4G e 5G e la rete fissa in fibra su scala internazionale.
Poste Italiane può, quindi, con il controllo di TIM, assumere un vantaggio competitivo importante scavalcando le potenzialità operative di molti dei principali attori del sistema bancario. È oltretutto una nemesi singolare: la rivincita della comunicazione tradizionale delle lettere e della carta che torna a controllare chi si è proposto per sostituirne le funzioni attraverso l’estremo utilizzo dell’innovazione tecnologica.
Resta peraltro l’analisi finanziaria che evidenzia:
Sarà fondamentale il disegno del piano industriale che emergerà dalla nuova configurazione del gruppo nel suo complesso. La residua funzione pubblica reclama il mantenimento di alcune linee di business non redditizie, ma le opportunità offerte dalla struttura multiservice lasciano immaginare una presenza importante in diversi settori di alto interesse e portatori di significativi margini di contribuzione, anche con l’ausilio di qualche cessione o abbandono di linee di business.
1 CDP è una istituzione finanziaria dello Stato, sotto forma di s.p.a. a controllo pubblico. Il principale impiego delle risorse finanziarie è rappresentato dai prestiti verso lo Stato italiano e le amministrazioni locali, dall’investimento nel capitale di rischio di imprese italiane che operano anche all’estero e dalla partecipazione in progetti immobiliari, infrastrutturali e finanziari ritenuti strategici per lo sviluppo dell’economia nazionale (intervento pubblico nell’economia). Dal 1º gennaio 2016, CDP – assumendo la qualifica di Istituto Nazionale di Promozione – è stata coinvolta nell’attuazione del Piano Juncker come intermediario del Gruppo BEI. Successivamente il Gruppo CDP si è accreditato come Implementing Partner della Commissione Europea ed ha avuto per la prima volta accesso diretto ai Fondi Europei tramite il Programma InvestEU.
2 Nello specifico il DPR 144/01 prevede le disposizioni legislative che “equiparano Poste alle banche sotto il profilo dei controlli, stabilendo che le suddette attività siano esercitabili nel rispetto delle disposizioni del Testo Unico bancario e del Testo Unico della finanza che regolano l’esercizio delle stesse attività da parte di banche, SIM e altri intermediari vigilati, salva l’adozione di disposizioni specifiche da parte delle autorità competenti. Per l’esercizio delle attività di bancoposta, Poste Italiane S.p.a. è tenuta a istituire un sistema di separazione patrimoniale, organizzativa e contabile. Il patrimonio destinato all’attività di bancoposta, separato dal patrimonio generale di Poste Italiane S.p.a., costituisce un compendio di beni e rapporti su cui i creditori particolari del Bancoposta hanno diritto di rivalersi in via esclusiva ed è, pertanto, il parametro di applicazione degli istituti prudenziali riferiti all’attività di bancoposta. L’assetto organizzativo e di governo societario del Bancoposta si ispira al principio dell’autonomia organizzativa, gestionale e del sistema dei controlli”-.
3 Ai sensi dell’art. 2, comma 8, del D.P.R. bancoposta, Poste non può esercitare attività di concessione di finanziamenti nei confronti del pubblico. È conseguentemente vietato a Poste l’esercizio dell’attività bancaria, come universalmente definita. Conseguentemente, possiamo definirlo, ai fini della presente nota, come un intermediario finanziario e assicurativo a pieno regime e come autorizzato alla raccolta del risparmio e alla gestione del servizio dei pagamenti, con l’esclusione del terzo profilo di attività che lo configurerebbe quale intermediario bancario.
4 Specifiche previsioni normative (artt. 5, 12, 15, commi 1, 2 e 5, 16, commi 1, 2 e 5, da 19 a 24, 26, da 50 a 54, da 56 a 58, da 65 a 68, 78, 114-bis, 114-ter, da 115 a 120-bis, da 121, comma 3, a 126) si applicano a BancoPosta, con esclusivo riferimento all’attività di promozione e collocamento di finanziamenti concessi da banche e intermediari finanziari abilitati, da 126-bis a 128-quater, 129, 140, 144 e 145, del TUB, applicabili alle attività di bancoposta ai sensi dell’art. 2, comma 3, del D.P.R. bancoposta; resta ferma l’applicazione delle altre norme del TUB rilevanti in relazione ad altre attività e operazioni eventualmente svolte da Poste Italiane.