Il risparmio è la nostra "terra rara", dice nella sua Relazione sull'attività 2024 il presidente dell'Arbitro per le controversie finanziarie Gianpaolo Barbuzzi. Ecco la fotografia del rapporto tra investitori e mercati finanziari scattata dal suo punto di osservazione
La Relazione annuale dell’Arbitro per le controversie finanziarie è l’occasione per valutare lo stato di salute del rapporto tra risparmiatori e operatori del mercato dei capitali, per misurarne il grado di conflittualità e quello di una matura consapevolezza nel riconoscere ed esercitare il rispetto dei diritti della parte più debole. Ma l’ACF è anche un osservatorio delle mutazioni in atto, delle necessità che l’evoluzione del mercato finanziario rende urgenti, dei nuovi rischi a cui i risparmiatori si trovano esposti.
Un bilancio che si accompagna a un programma, insomma. Ciò che il presidente Gianpaolo Barbuzzi fa puntualmente dal 2016, anno in cui l’arbitro fu istituito dalla Consob nel 2016 per risolvere le controversie tra investitori retail e intermediari.
Dalla sua relazione abbiamo estrapolato alcuni brani e li proponiamo come gli “highlights” di quest’anno.
Nell’anno 2000 i listini europei valevano il 34% della capitalizzazione mondiale, mentre a fine 2024, venticinque anni dopo, il loro peso era sceso sullo scacchiere globale al 14,5%, con gli Stati Uniti saliti da poco meno del 50% a quasi il 67% e i Paesi emergenti dal 5,2% al 10%.
Emerge, in generale, un approccio al mercato dei capitali che, come ben messo in luce in un recente studio Consob, si è rivelato sinora meno favorevole nel contesto europeo, ove solo si consideri che il rapporto tra capitalizzazione di borsa e PIL, a fine 2024, era superiore al 200% negli Stati Uniti e solo al 60% tra i Paesi dell’area dell’euro, con la Francia in pole (90%) e il nostro Paese, invece, fanalino di coda tra le maggiori economie, con un rapporto pari al 38%.
D’altronde, non è un caso se si registra oramai da anni un sistematico calo del numero di società quotate; fenomeno sì globale ma che affligge particolarmente la nostra già asfittica Borsa, che ha visto 23 nuovi ingressi nel 2024 a fronte, però, di 29 delisting.
Come da più parti si va sostenendo, i risparmi dei cittadini rappresentano le nostre “terre rare”, locuzione di recente conio che rende efficacemente l’idea. Si tratta oltretutto di terre rare che, sfruttate a dovere, non si estinguono ma tendono piuttosto a moltiplicarsi, alimentando ricchezza individuale e benessere sociale.
Nei portafogli dei risparmiatori retail, dunque, non solo titoli di Stato – il cui stock, oggi al 13,7%, è pressocché raddoppiato dal 2019 – ma, in una logica di profittevole diversificazione, anche servizi e strumenti finanziari capaci di iniettare liquidità al sistema economico.
….. Il rischio per l’Italia è che i livelli di bassa o di zero crescita dell’economia degli ultimi decenni vengano infine percepiti come strutturali, conducendo il sistema produttivo a realizzare programmi solo low profile e frustrando anche le attese dei consumatori, tanto da innescare un circolo vizioso che – questo sì – renderebbe stabile, chissà ancora per quanti anni, l’attuale stagnante congiuntura.
Nei nuovi scenari mondiali che si vanno prefigurando, la posta in gioco – in caso di perduranti inerzie, frammentazioni e illusorie, oltre che poco lungimiranti, aspirazioni isolazionistiche – è l’irrilevanza su scala globale non di uno ma di tutti i Paesi del Vecchio Continente.
La messa in sicurezza dell’Europa a scopi difensivi sappiamo essere divenuta una nuova e ben onerosa priorità, imprevedibile solo fino a pochi mesi fa. Ma lo è anche, come da più parti segnalato, la realizzazione della Capital Market Union.
Solo convertendo, infatti, ventisette mercati nazionali in un unico mercato europeo si assumerà la giusta taglia per un ruolo da protagonisti nella competizione internazionale, così preservando meglio anche quei valori di libertà e democrazia che devono poter rimanere patrimonio comune e vanto dei cittadini italiani ed europei.
La conflittualità in materia di investimenti finanziari si sta stabilizzando a livelli contenuti.
Per il secondo anno consecutivo, infatti, il numero delle controversie sottoposte all’attenzione dell’Arbitro è stato inferiore alla soglia dei 1.000: 961 i ricorsi presentati nel 2024, a fronte dei 963 del 2023. L’andamento del primo trimestre del corrente anno è in linea con il biennio precedente.
La stagione della conflittualità seriale dello scorso decennio può, dunque, dirsi messa definitivamente alle spalle, sostituita ora da controversie più eterogenee e innovative, caratterizzate da livelli di complessità più elevati. Il consolidamento di un trend al ribasso va visto con favore, perché coerente con l’obiettivo perseguito dall’Organismo di proporsi quale strumento che si adopera anche per definire orientamenti applicativi della normativa che possano fungere da utile guida per gli operatori professionali.
Non possiamo che giudicare positivamente, inoltre, il significativo incremento dei casi di estinzione anticipata di procedimenti pendenti, a seguito di intervenuto accordo tra le parti, passati dai 124 del 2023 ai 179 dello scorso anno.
I 961 ricorsi del 2024 si sono distribuiti a livello territoriale in maniera non dissimile rispetto all’anno precedente.
Continuano a prevalere i residenti nel Nord del nostro Paese (44% circa), seguiti da Sud e Isole (poco meno del 30%, in leggero calo rispetto al 31,3% del 2023) e dal Centro (saliti, invece, dal 20,4% del 2023 al 24,6% dello scorso anno). Residuale (2%) la componente di ricorrenti residenti all’estero.
Non accenna, invece, a diminuire il gender gap, con oltre 2/3 dei ricorrenti (67,1%) di genere maschile; inoltre, pur registrandosi un’apprezzabile crescita in ambito famigliare dei casi di cointestazione degli investimenti, le scelte gestionali finiscono con l’essere il più delle volte riconducibili al solo marito.
Il gap è più marcato tra le fasce di ricorrenti più anziani, mentre tende ad annullarsi tra gli under 40, il che fa ben sperare in prospettiva.
Si mantiene saldamente elevata l’età anagrafica dei ricorrenti: oltre il 70% appartiene alle tre fasce decennali che vanno dai 45 ai 75 anni. Si tratta di soggetti che, grazie al loro lavoro o a eventi successori, dispongono di liquidità da convogliare verso investimenti finanziari; risparmiatori caratterizzati da un profilo basico, che prediligono prodotti finanziari a vocazione conservativa o a rischio minimo, con orizzonti temporali il più delle volte di breve-medio periodo, che tendono a confidare passivamente nella buona gestione dei loro risparmi da parte dell’intermediario.
È un mix che, come più volte messo in luce, può favorire l’insorgenza di motivi di conflitto.
Il valore medio unitario delle richieste di risarcimento ha superato lo scorso anno la cifra record di 70 mila euro, per un controvalore complessivo di quasi 56 milioni di euro.
Sono stati 71 gli intermediari coinvolti nei nuovi procedimenti avviati nel 2024, con una netta prevalenza di quelli bancari (60), destinatari di oltre l’80% del monte ricorsi.
I primi 10 intermediari (tutte banche) hanno cumulato oltre il 60% del contenzioso avviato lo scorso anno.
L’attività decisoria ha fatto registrare nel 2024, per la prima volta, un tasso di accoglimento dei ricorsi inferiore alla soglia del 50% (49,7%). Sono, dunque, oramai lontani i tempi delle controversie originatesi dai casi di “risparmio tradito” di un decennio fa, che avevano fatto registrare picchi di accoglimento superiori al 90%.
La minore percentuale di accoglimento dello scorso anno non è effetto di una mutata sensibilità del Collegio, né tantomeno di un maggior rigore valutativo applicato ai casi portati più di recente alla nostra attenzione.
Quel che è cambiata è la natura delle controversie, che presentano oramai le fisiologiche caratteristiche che avrebbero con tutta probabilità assunto già ab initio, nel 2017, in assenza delle evocate crisi bancarie.
Il nostro impegno valutativo non è così diverso da quello che è chiamato a profondere un giudice civile, con l’onere aggiuntivo che le nostre decisioni, essendo sprovviste del carattere dell’esecutività, per essere davvero risolutive del conflitto devono essere convincenti; tanto convincenti da indurre le parti, entrambe le parti, a uniformarvisi.
Ed è su questo che si misura, in definitiva, l’efficacia di uno strumento di risoluzione stragiudiziale delle controversie.
Il minore tasso di accoglimento dei ricorsi ha avuto quale inevitabile conseguenza la riduzione dei risarcimenti a favore dei risparmiatori: 9,2 milioni di euro, a fronte dei 13 milioni del 2023.
Il monte dei risarcimenti riconosciuti dal 2017 ad oggi ha superato abbondantemente la soglia dei 165 milioni di euro.
Il tasso di esecuzione delle decisioni da parte degli intermediari soccombenti resta elevato, essendosi attestato anche lo scorso anno oltre la soglia del 90% (92,5%).
Ne siamo soddisfatti, ovviamente. Questo non ci impedirà di intraprendere un’iniziativa di sensibilizzazione che si tradurrà nel richiedere agli intermediari rimasti inadempienti, in quello spirito di collaborazione che non può mai venire meno, di metterci di volta in volta a parte degli specifici motivi di mancata esecuzione.
Esserne edotti può consentirci di migliorare la nostra azione, tiene aperto un canale di comunicazione che non può che dare reciproche utilità e mira a rendere meglio consapevoli gli intermediari interessati che l’adesione (obbligatoria) al sistema ACF può essere nei fatti frustrata qualora si dovessero riscontrare casi di reiterata o sistematica mancata esecuzione delle decisioni, perché si finirebbe così con il pregiudicare la possibilità per gli investitori retail di avvalersi fattivamente di uno strumento – l’Arbitro – comunque previsto dall’ordinamento per il conseguimento di note finalità, anche d’interesse pubblico.
Esulano dalla competenza ACF le controversie relative alla prestazione di servizi d’investimento da parte di soggetti non autorizzati. I casi di abusivismo finanziario, dunque, non possono trovare presso il nostro Organismo idonea sede solutoria del contenzioso.
De iure condendo, è questione che può meritare qualche riflessione, a fronte del moltiplicarsi dei casi di comportamenti fraudolenti in danno di risparmiatori, come testimoniato anche dagli interventi inibitori Consob sul web, che hanno oramai ampiamente superato quota 1.200.
Se il raggio d’azione dell’ACF si perimetra tendenzialmente su quello della vigilanza Consob, si potrebbe considerare l’ipotesi di un allineamento “pieno”, esteso anche ai casi di abusivismo.
L’effettività della tutela, tuttavia, fa emergere più di un interrogativo, essendo tutt’altro che scontata l’individuabilità, prima, e soprattutto la solvibilità, poi, dei soggetti che dovessero risultare soccombenti nelle controversie.
Insomma, il rischio è che da un eventuale ampliamento della sfera di competenze ACF non scaturisca un’effettiva maggiore protezione degli investitori retail danneggiati da chi opera fraudolentemente sul web.
Il consiglio, dunque, è sempre lo stesso per i risparmiatori: diffidare e, anzi, astenersi dall’operare attraverso canali privi di presidi di vigilanza e tutela, senza farsi ingolosire dalla prospettiva di facili e quasi sempre inesistenti guadagni. Il rischio di cadere in trappola, in questi casi, è elevatissimo.
Il ricorrente-tipo che si rivolge al nostro Organismo si duole soprattutto di non essere stato destinatario di informazioni idonee per una scelta d’investimento consapevole.
Il flusso informativo messo a disposizione del cliente prima dell’investimento è funzionale allo scopo solo se consente a “quel” cliente di effettuare una scelta ponderata e coerente, fondata sulla conoscenza dello specifico strumento finanziario.
Questo vale anche per il trading on-line, le cui fasi devono essere strutturate dagli intermediari in maniera tale da consentire di centrare l’obiettivo.
L’investitore, a sua volta, è chiamato a farsi parte attiva del processo. Troppo spesso, infatti, registriamo comportamenti autolesionisticamente rituali.
Un richiamo d’attenzione va rivolto, poi, ai risparmiatori che sottoscrivono investimenti in prodotti finanziari provvisti di KID, il documento contenente le informazioni-chiave. Ebbene, la consegna del KID esaurisce gli obblighi informativi prescritti.
Raccomandiamo, dunque, a tutti gli investitori retail, di “leggere, leggere, leggere” il KID e se qualcosa non è chiaro di “chiedere, chiedere, chiedere” all’intermediario ogni chiarimento utile.
Sotto la spinta dell’innovazione digitale, l’operatività sui mercati finanziari sta registrando una più che marcata spersonalizzazione dei rapporti, oramai diffusamente governati da processi di tipo algoritmico e da sistemi di robo-advisor.
Pur in un contesto tecnologico mai come ora fortemente innovativo, la funzione consulenziale sta conservando nei fatti una sua centralità, evolvendosi nella direzione di un ottimale utilizzo degli strumenti di AI preservando, tuttavia, la centralità della relazione diretta con il cliente che resta presidiata, in tutto o in parte, da un agente umano.
Alcuni consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza civile, convintamente applicati anche dal nostro Collegio, restano dunque confermati. Primo tra tutti quello secondo cui per ricondurre l’operato del consulente nell’ambito delle responsabilità dell’intermediario è sufficiente che il comportamento del primo si sia realizzato nell’ambito di un rapporto di “occasionalità necessaria” con il secondo; del che è espressione il fatto che il consulente operi nell’ambito delle attività demandategli dall’intermediario mandante.
L’investitore, per parte sua, non è esonerato dall’osservare regole di diligenza minimali; quelle “del buon padre di famiglia”.
Comportamenti imprudenti o gravemente negligenti, come il riporre acritica fiducia nel consulente o, peggio, il comunicargli le credenziali personali d’accesso ai servizi di home banking sono gravidi di conseguenze; inoltre, imprudenze e negligenze sono valutate non solo in senso attenuativo dell’entità del risarcimento ma, nei casi più gravi, recidono il nesso di causalità tra evento e danno, portando al rigetto del ricorso.
Consob e Banca d’Italia hanno rinnovato il Protocollo d’intesa in materia di risoluzione alternativa delle controversie, sottoscritto in piena pandemia nel marzo 2020.
Proseguirà, dunque, la collaborazione ACF/ABF, che si è tradotta in questi anni nella tenuta di periodici Forum tra i due Collegi, con al centro questioni relative al riparto delle rispettive competenze e scambi di vedute, sempre costruttivi e stimolanti, sui maggiori temi d’interesse comune.
È stata di recente costituita una task force per l’individuazione di soluzioni tecniche funzionali alla progettazione di una infrastruttura informatica comune, che possa agevolare gli utenti nell’individuazione dell’Arbitro al quale di volta in volta rivolgersi, così da ridurre al minimo, se non azzerare, il rischio di conflitti di competenza che, ove negativi, finirebbero con il lasciare l’utente privo di tutele in una sede stragiudiziale.
L’oramai prossimo avvio dell’operatività dell’Arbitro Ivass si andrà finalmente a completare il puzzle degli organismi di risoluzione alternativa delle controversie in materia bancaria, finanziaria e, appunto, assicurativa.
Sono certo che anche con il nuovo Arbitro si instaureranno, quanto prima, forme di collaborazione analoghe e altrettanto proficue di quelle in essere con l’Arbitro Bancario.
Sin dalla sua costituzione, l’ACF ha aderito a Fin.Net, il network degli organismi Adr del settore bancario, finanziario e assicurativo degli Stati membri dell’Unione Europea.
Particolare rilievo sta assumendo, in tale contesto, l’iter per la revisione della Direttiva 2013/11/UE (Direttiva Adr), avviato con la proposta della Commissione UE di fine 2023, con obiettivi la semplificazione delle procedure e l’adeguamento alle nuove tendenze di mercato, sempre più caratterizzate dall’utilizzo di servizi on-line.
La Commissione ha proposto varie modifiche, in particolare volte a: i) garantire ai consumatori la possibilità di presentare ricorso e di consultare i relativi documenti anche in formato non digitale; ii) concedere alle parti la facoltà di richiedere che i risultati di procedure Adr svolte tramite strumenti automatizzati siano riesaminati da una persona fisica; iii) attribuire alle Adr la facoltà di raggruppare in un’unica procedura casi analoghi relativi ad uno stesso operatore di mercato.
Il Parlamento UE ha adottato a marzo 2024 il rapporto finale sulla proposta della Commissione. Il Consiglio UE ha formalizzato lo scorso settembre la propria posizione, apportando modifiche che non vanno ad intaccare le finalità-macro perseguite con il testo base.
Il negoziato è attualmente nella fase di Trilogo. In attesa degli sviluppi, quello che può dirsi è che l’ipotesi di (re)introdurre la facoltà per i consumatori di avvalersi anche di strumenti non digitali nelle loro relazioni con organismi Adr, pur comprensibile a fini di tutela dei soggetti più vulnerabili e meno evoluti tecnologicamente, non appare necessitata se si tiene conto: i) dell’esperienza ACF, che non ha fatto emergere criticità in termini di generale accessibilità allo strumento in formato solo digitale; ii) dell’inevitabile appesantimento dell’iter procedimentale che ne deriverebbe, con un conseguente calo d’efficienza; iii) dei maggiori costi per gli stessi utenti-consumatori; iv) infine, del non reversibile processo di migrazione dell’operatività finanziaria verso l’on-line, rispetto al che ripiombare nell’era cartacea, ancorché per casi limitati, si tradurrebbe di fatto in un ritorno all’antico.
Il Regolamento UE n. 2023/1114 (“MiCAR”) contiene una disciplina armonizzata per l’emissione, l’offerta al pubblico e la prestazione di servizi aventi ad oggetto cripto-attività non riconducibili a strumenti finanziari o ad altri prodotti già regolamentati da atti legislativi UE.
Sono individuate tre tipologie di cripto-attività: i) i token collegati ad attività (asset-referenced token – “ART”); ii) i token di moneta elettronica (e-money token – “EMT”); iii) le altre cripto-attività.
A livello nazionale, il decreto delegato n. 129/2024 ha definito le competenze delle Autorità di vigilanza (Consob e Banca d’Italia), per quanto concerne l’applicazione della nuova disciplina, sul solco del riparto delle funzioni per come disciplinate dal TUF.
Già due anni fa, in questa stessa circostanza, era stato segnalato che controversie aventi ad oggetto cripto-attività di natura finanziaria, relative alla prestazione di servizi da parte di intermediari autorizzati nei confronti della clientela retail, erano da intendersi ricomprese tra le attribuzioni ACF.
Quanto alle cripto-attività aventi natura diversa, dunque quelle disciplinate ora da MiCAR, erano stati al tempo solo ventilati ambiti di competenza ACF.
Ebbene, il quadro normativo venutosi ora a delineare mi pare confermi la possibilità di devolvere all’Arbitro anche controversie aventi ad oggetto cripto-attività non finanziarie.
Perché ciò si concretizzi, non appare necessario un intervento a livello di normazione primaria, potendosi procedere per via regolamentare con un aggiornamento definitorio della competenza dell’Arbitro, omologandosi alla vigilanza Consob in materia.
Un intervento nei termini appena prospettati avrebbe il pregio di consentire anche ai detentori di token, principalmente i clienti dei CASPs (Crypto-Asset Service Providers), di potersi avvalere di uno strumento stragiudiziale per la risoluzione delle controversie.
Nello stesso tempo, renderebbe positivi contributi conformativi in ordine all’attività degli operatori professionali; il che appare auspicabile anche in un’ottica ordinamentale più ampia, attenta alla funzione deflattiva del contenzioso civile, trattandosi di materia caratterizzata da elevati profili di novità e tecnicalità di settore, oltretutto con potenzialità evolutive strettamente legate agli sviluppi futuri del comparto tecnologico.
Alla domanda “quali sono le dieci regole che un buon risparmiatore/investitore è bene osservi?”, un chatbot (versione free) ha risposto così:
Sono consigli sensati e alla portata di tutti, corredati da sintetiche e nello stesso tempo chiare note esplicative. Molte delle iniziative di educazione finanziaria messe in campo negli ultimi anni si sono sviluppate su direttrici simili e non sono state inutili. Tutt’altro.
Ciò di cui il chatbot non ha tenuto conto nella risposta, perché non può, è che siamo in piena infodemia.
L’information overload crea un corto circuito cognitivo, da cui cerchiamo di difenderci prendendo scorciatoie che possono, però, mal indirizzarci. Ne cito alcune: tendenza a cercare informazioni che avvalorino soprattutto il nostro punto di vista, eludendo le altre (confirmation bias); “bolle” mediatiche (echo chambers), che altro non sono che delle rassicuranti comfort-zone; peggio ancora, polarizzazione delle opinioni quale straordinario, ancorché inaffidabile, strumento di semplificazione cognitiva.
Ogni complessità viene così abolita e si fa ingresso nel mondo della post-verità.
L’infodemia ingloba la diffusione consapevole e mirata di notizie non vere, può inquinare la circolazione di informazioni, invece, verificate o verificabili, finendo con il ledere diritti fondamentali della persona attraverso tecniche di manipolazione subliminale e di social scoring.
Come fare, allora, educazione finanziaria ai tempi dell’infodemia?
Contrastando l’eccesso e la manipolazione delle informazioni con iniziative che puntino sulla semplificazione dei concetti e l’immediatezza rappresentativa, soprattutto visiva, senza con questo rinunciare ex ante alla complessità. Perché quasi nulla è solo bianco o solo nero.
Attenzione anche al linguaggio: va non solo deburocratizzato ma reso empatico, coinvolgente, assertivo e segmentato per fasce sociali e anagrafiche, tenendo conto che sul web i più presenti sono ovviamente gli utenti meno in là negli anni; quelli che rappresentano magna pars degli oltre 1,6 milioni di italiani che a fine 2024 detenevano cripto-valute, per un valore stimato di 2,6 miliardi di euro.
Possono rendere contributi educativi gli stessi strumenti che alimentano l’infodemia.
Fare educazione finanziaria direttamente sui social, con mirate iniziative di fact checking che quantomeno contengano le false verità, darebbe a mio avviso risultati sorprendenti e potrebbe anche riorientare comportamenti disinvolti di soggetti, penso soprattutto ma non solo ai fin-influencer, che possono contare su un largo seguito mediatico.
Non si può, infine, prescindere, a monte, dal realizzare iniziative di alfabetizzazione a tenore divulgativo, per la diffusione di competenze tecniche, giuridiche e cognitive minimali per un uso criticamente consapevole degli strumenti digitali.
A questo proposito, merita di essere segnalata la scheda informativa Consob/Esma, pubblicata giorni fa, che invita gli investitori retail a fare un uso oculato e attento ai rischi degli strumenti di AI. È questa la strada giusta: comunicare, comunicare sempre, in modo semplice e diretto, per contrastare fake news e disinformazione.
Forse memore dello spirito d’intrapresa messo in campo ai tempi della pandemia, l’Unione Europea sta reagendo al nuovo ordine o disordine mondiale con una serie di annunciate misure che vogliono rendere più sicuri i confini e dare una svolta al sin qui altalenante processo di integrazione economico-finanziaria.
In quest’ultima cornice si colloca il piano battezzato Unione dei Risparmi e degli Investimenti (Savings and Investiments Union-SIU).
L’obiettivo è ambizioso, ancorché tutt’altro che nuovo: attrarre gli investitori istituzionali, che verrebbero sollecitati a ricoprire un ruolo ben più attivo rispetto al passato ma, soprattutto, indirizzare almeno parte dell’ingente e sonnacchiosa liquidità disponibile sui conti dei risparmiatori europei verso investimenti che finanzino e facciano crescere l’economia del Vecchio Continente.
Ciò, nella consapevolezza che annualmente almeno 300 miliardi di risparmi europei prendono il volo verso i mercati finanziari d’oltreoceano. E non c’è idonea contropartita.
Il “come” prevederebbe la messa in campo di vari strumenti: dalla rimozione delle barriere fiscali tra gli Stati, al favorire gli investimenti in equity da parte di investitori istituzionali (assicurazioni e fondi pensione), fino all’offerta di conti di risparmio e di investimento destinati agli investitori retail, caratterizzati da rendimenti attrattivi e benefici fiscali, così da spronarli a contribuire al finanziamento di specifici progetti europei.
Sarà importante evitare, a quest’ultimo riguardo, che la vis attractiva di iniziative pubbliche privilegiate nei rendimenti e nel trattamento fiscale possa finire con l’alterare le logiche di mercato e che si lascino, invece, i necessari spazi alla canalizzazione di liquidità verso il sistema produttivo, condizione imprescindibile per una crescita economica solida e duratura.
Sono anche prospettati interventi che riguarderebbero, tra l’altro, le infrastrutture di mercato, la tutela dei depositi, la semplificazione delle regole, fino agli stessi assetti delle vigilanze, europee e nazionali.
Non appare ancora chiaro se la Retail Investment Strategy (RIS), oggetto di ampio dibattito durante la scorsa legislatura europea, sarà assorbita nella nuova iniziativa ovvero proseguirà il suo iter su un binario parallelo, peraltro rivelatosi sinora tanto accidentato da averne messo di recente in discussione l’effettivo varo.
Quale che sia, alcune delle misure contenute nella RIS (in particolare: potenziamento e valorizzazione del processo di valutazione di adeguatezza/appropriatezza degli investimenti; regole di governance dei prodotti; informativa precontrattuale, migliorandone il livello qualitativo secondo gli standard imposti dall’innovazione digitale) andrebbero salvaguardate, toccando aspetti emersi con evidenza anche dal contenzioso portato alla nostra attenzione.
Il pacchetto progettuale prefigurato con la SIU appare, ad ogni modo, capace di imprimere un nuovo corso non solo all’economia ma alla stessa idea di Europa.
Per intanto, quello che può dirsi è che per mobilitare davvero i risparmi dei cittadini serve generare, anzitutto, concreto interesse verso gli investimenti; occorre far diffusamente capire che investire conviene ed è agevole farlo, mettendo da parte atteggiamenti solo conservativi.
Ben vengano, dunque, iniziative di sensibilizzazione e campagne di educazione finanziaria mirate, che spieghino perché trasformarsi da risparmiatori in investitori è la cosa giusta da fare e che rimanere “liquidi” significa, invece, sostenere costi e rischi occulti, inflazione per prima.
La liquidità ha poi bisogno di “spazi” verso cui potersi convintamente dirigere. C’è chi sostiene – e non mi pare così peregrino – che almeno parte del successo delle cripto-valute sia dovuto all’assenza di canali alternativi sufficientemente attrattivi.
L’esperienza di questi anni presso l’Arbitro mi porta a dire che funzionale allo scopo sarebbe anche una radicale opera di snellimento e coordinamento, a più livelli, dell’impianto regolatorio complessivo dei mercati, senza con questo auspicare sfrenate deregulation.
Le regole restano indispensabili ma sono davvero utili se somministrate e combinate tra loro con l’oculatezza del chimico, altrimenti diventano superfetazioni e fanno da freno allo sviluppo.
Non sottovaluterei, poi, i benefici che deriverebbero da iniziative utili ad abbattere barriere, anche solo cognitive ed emotive, nella relazione one-to-one cliente/intermediario.
Molti risparmiatori hanno difficoltà a convertirsi in investitori per una diffidenza di fondo, ritenendo quello della finanza un mondo sovraccarico d’insidie, da cui è preferibile stare alla larga. E la mole di documentazione che sono chiamati a vagliare e sottoscrivere quando investono rappresenta da sola un formidabile deterrente.
Anche qui, interventi semplificatori possono rendere più friendly e attrattivi i mercati finanziari, soprattutto per quei risparmiatori privi di conoscenze ed esperienze pregresse.
In definitiva, realizzare un ambiente di relazioni, contrattuali e non, che semplifichi i percorsi valutativi e decisionali degli investitori retail può rivelarsi uno stimolo efficace, tanto più se validamente supportati dalle tecnologie digitali e dagli strumenti di AI.
La competitività e il futuro del Paese – nell’Europa di oggi e, soprattutto, in quella di domani – passano anche da qui.