Un principio cardine di qualsiasi liberaldemocrazia è fissare dei limiti al potere di chi governa. Perché stare al potere a lungo significa avere la possibilità di scavalcare, annullare i controlli necessari per una democrazia funzionante
L’animato di battito sul terzo mandato per i presidenti di regione e per i sindaci ha bene evidenziato i motivi personali e contingenti che spingevano per quei prolungamenti. Non sono, però, emersi i motivi di fondo, soggettivi ed oggettivi, che fanno capire come mai un terzo mandato per questo tipo di cariche è sconsigliabile. Ma quali sono?
Innanzi tutto, si tratta di cariche elettive che conferiscono, a chi viene eletto per quattro, cinque anni, o più, poteri decisionali, più o meno ampi. Dunque, cariche elettive, ma ben diverse da quelle di parlamentare o nei consigli regionali, provinciali e comunali, che svolgono attività di rappresentanza e anche decisionale, ma collettiva, ad esempio con l’approvazione di una legge.
Si vedono, quindi, subito i motivi soggettivi per cui chi è stato già al potere per un decennio vorrebbe proseguire l’esperienza. Si tratta di cariche che assorbono, cambiano completamente la vita, e danno anche continue ricompense psicologiche, oltre che in diverse occasioni soddisfazioni per avere ben fatto. Insomma, una vita piena e soddisfacente sotto i riflettori con tutti i connessi privilegi.
Rinunciare ad essere di nuovo presidenti di regione o altro simile, significa il vuoto. Dal contare tutto in certi ambiti – per esempio, la sanità per i presidenti di regione – al contare nulla. Diventare nessuno. Affrontare la depressione o una vita arrangiata, spenta. Di qui, la spinta forte a cercare di fare annullare la regola che limita i mandati. Questa condizione psicologica riguarda tutte le cariche elettive decidenti. Infatti, i tentativi di allungare i mandati si hanno – più di qualche volta con successo – nelle università per la posizione di rettore o anche inferiore e con implicazioni ben più rilevanti nei regimi presidenziali in diverse parti del mondo.
Però, che cosa deve fare desistere oggettivamente dal prolungamento del numero dei mandati? Un principio cardine di qualsiasi liberaldemocrazia è fissare dei limiti al potere di chi governa a tutti i livelli, oltre che controllare che quei limiti siano rispettati. Se questo non avviene, scivoliamo in un regime quasi autoritario o autoritario.
Ovviamente, il potere è sia formale che sostanziale e, ad esempio, dal punto di vista sostanziale stare al potere per dieci anni significa avere costruito reti e relazioni in ambiti diversi che creano le migliori condizioni per corruzione e malgoverno. Miracolosamente potrebbe non avvenire, ma il pericolo esiste ed è reale. Di qui, stare al potere a lungo significa avere la possibilità di scavalcare, annullare i controlli necessari per una democrazia funzionante.
La democrazia richiede ricambio, competizione aperta, corretta ed effettiva per essere tale e garantire meglio un buon governo ai cittadini. Governare quindici anni invece che dieci, al massimo, è significativamente diverso. L’attenzione a non modificare questa regola di controllo del potere politico è oggi tanto più rilevante in quanto con l’aiuto della popolarità personale raggiunta negli anni, magari proprio per avere ben governato, e il sostegno dei media, le rielezioni diventano una partita scontata. Troppo scontata per una democrazia.