Il terzo intervento di una trilogia che ha affrontato i problemi critici della destra, del centro e adesso della sinistra, nel sistema partitico italiano. Partendo dal manifesto sulla Terza via, fino alla ricerca del messaggio che scaldi i cuori oggi
Come è noto, la domanda del titolo ha due interrogativi pesanti. Che cosa è effettivamente rimasto della sinistra oggi e che cosa significa in concreto la sinistra ovvero essere di sinistra oggi?
Lasciamo da parte i dati elettorali, che variano da paese a paese e che hanno visto l’indebolimento dei partiti che si richiamano alla sinistra europea negli ultimi 25 anni, il contemporaneo rafforzamento delle destre, e la resilienza dei popolari ovvero dei centristi in alcuni paesi, come evidenziato dalle elezioni europee di giugno. E veniamo alla sostanza, assumendo, con qualche semplificazione, come punto di svolta la dichiarazione sulla “terza via” di Blair e Schroeder alla fine del secolo scorso.
Quel manifesto evidenziava uno spostamento al centro nelle questioni economiche, e in particolare la sua accettazione di riforme ‘neoliberiste’, come la privatizzazione di parti del settore pubblico; tagli alle tasse e allo Stato sociale; la deregolamentazione dei settori economico e finanziario; la ricerca di un compromesso tra giustizia sociale, pari opportunità, valorizzazione del merito e dell’iniziativa privata, e anche tra politiche economiche neo-liberali e politiche interventiste.
Inoltre, esplicitamente, il progetto della ‘terza via’ voleva privilegiare valori come successo personale, spirito imprenditoriale, responsabilità individuale, fino ad allora subordinati a salvaguardie sociali universali. In questa prospettiva, bisognava sostenere un’economia di mercato robusta e competitiva; creare un nuovo clima di fiducia e sostegno all’impresa privata – soprattutto media e piccola – incoraggiata ad investire e, conseguentemente, creatrice di ricchezza. In breve, un cambiamento sostanziale della nozione stessa di sinistra.
Anche se la realtà è stata diversa, in quanto alcuni partiti hanno mantenuto le vecchie posizioni, la ‘terza via’ ha innovato mettendo la sordina a un tradizionale valore, l’uguaglianza, non più in primo piano. Insomma, della sinistra è rimasto ben poco e nuovi valori, legati a nuovi diritti, sono venuti alla ribalta ed entrati nell’agenda della sinistra. In alcuni paesi, l’innovazione ha avuto successo, consentendo ad esempio proprio a Blair un decennio di governo.
La Grande Recessione (2008-14), la mancata crescita successiva, il fenomeno dell’immigrazione, specie dal 2015, e successivamente la pandemia e le guerre hanno messo in crisi quella concezione. La ‘terza via’ è stata dimenticata, ed è meglio non parlarne più, ma la domanda è rimasta: che cosa è oggi la sinistra? In un contesto nel quale, da una parte – almeno formalmente – la destra ha inserito nei propri programmi alcuni provvedimenti tipicamente della sinistra, dalla salute alla protezione sociale e, dall’altra, i gruppi sociali a reddito più basso hanno in gran parte spostato il proprio voto nell’astensione o a destra, come si può vedere anche nelle ultime elezioni italiane del 2022, quali sono i contenuti che identificano la sinistra oggi?
Se stiamo alle esperienze europee di questi ultimi venticinque anni, ci sono state due diverse risposte.
Una è quella neopopulista, in cui ad alcune proposte che tornano a un rafforzamento del welfare, magari rinnovato, con provvedimenti quali il reddito di cittadinanza, si sono mischiati nuovi temi di destra, nazionalisti e securitari, in reazione all’ondata di immigrazione. L’esempio emblematico più recente è il partito tedesco, formatosi nel gennaio di quest’anno, l’Alleanza Sahra Wagenknecht, costituito da dissidenti della Linke, centrata sulla figura della sua fondatrice indicata nel nome stesso del partito e che si definisce di sinistra, a favore della pace e contro l’invio delle armi per sostenere l’Ucraina, anti-ambientalista, anti-immigrazione.
L’altra risposta è quella tradizionale socialdemocratica, ovvero socialista, che riprende – rafforzandole- le politiche di welfare, dal salario minimo al sostegno alla disoccupazione, e a diverse forme di protezione sociale. Negli ultimi anni, questa seconda risposta ha mostrato indubbiamente la propria efficacia, ad esempio in Spagna e in Portogallo.
Non è, però, emerso il messaggio ‘che scalda i cuori’. E, innanzi tutto, non è stata ripresa la bandiera dell’uguaglianza, valore tradizionalmente caratterizzante della sinistra. Come mai?
In realtà, i dati di sondaggio danno ragione ai leader partitici di sinistra che non lo hanno fatto. In diversi paesi europei, con qualche eccezione come il Portogallo, non vi è una richiesta netta di uguaglianza. Piuttosto, la richiesta di fondo è quella di sicurezza, declinata in diversi ambiti: sicurezza come protezione della salute e sociale; sicurezza nelle nostre città, rispetto alla minaccia degli immigrati, sicurezza nelle relazioni internazionali con una domanda di pace.
In breve, una nuova ideologia per la sinistra non è più proponibile. Sono solo riproponibili grandi temi a cui la gente, anche quella che non vota, tiene molto. In questo senso, cercare nuove parole d’ordine, espressione di una nuova ideologia, può essere utile in chiave comunicativa e di costruzione del consenso, ma rivitalizzare una ideologia di sinistra sembra improponibile.
In generale, solo il nazionalismo è sopravvissuto, rigenerandosi alla fine delle ideologie. Dunque, alla domanda ‘che cosa significa essere di sinistra oggi’, l’unica risposta possibile è proporre un programma che realizzi la sicurezza per i cittadini, mettendo un welfare rinnovato in primo piano.