I finanziamenti per il clima da parte delle banche di sviluppo, BEI in testa, hanno raggiunto, a livello globale, il livello record di 125 miliardi di dollari nel 2023. Il “Rapporto Draghi” ha richiamato l’attenzione sul ruolo della BEI nel finanziamento dell’innovazione e della transizione sostenibile. Ecco come si definisce oggi la sua mission
Il 20 settembre scorso, le principali Banche Multilaterali per lo Sviluppo (Multilateral development banks -MDBs) hanno annunciato che i loro finanziamenti per il clima hanno raggiunto, a livello globale, il livello record di 125 miliardi di dollari nel 2023, in continua crescita dal 2019, quando le banche multilaterali di sviluppo hanno annunciato la loro ambizione di aumentare il supporto finanziario per i cambiamenti climatici nell’ambito del vertice sull’azione per il clima delle Nazioni Unite.
Le banche multilaterali di sviluppo sono istituzioni sovranazionali istituite da diversi Stati, ciascuno dei quali è azionista. Il loro mandato è in linea con le politiche di aiuto allo sviluppo e di cooperazione definite dai medesimi Stati. Soprattutto in contesti rischiosi, quali possono essere lo sviluppo dei Paesi emergenti e/o l’innovazione tecnologica e ambientale delle PMI, tali enti rivestono un ruolo cruciale fornendo sostegno finanziario a progetti specifici, investimenti in settori ad alto tasso di rischiosità o comunque strategici e mobilitando capitali da parte degli attori finanziari privati (crowding in effect).
In tale scenario, recentemente, anche il cosiddetto “Rapporto Draghi” (Rapporto sul futuro della competitività europea di Mario Draghi) ha richiamato l’attenzione al ruolo di tali enti – in particolare la BEI – nel finanziamento dell’innovazione tecnologica e della decarbonizzazione di alcuni settori strategici (ad es. trasporti).
La Banca Europea per gli Investimenti (BEI) è uno dei maggiori istituti di credito multilaterali al mondo. Svolge un ruolo centrale nell’architettura finanziaria dell’Unione Europea, fungendo da istituto di credito a lungo termine. Istituita nel 1958 con il Trattato di Roma, la BEI ha la missione principale di sostenere progetti che contribuiscano all’integrazione europea, allo sviluppo equilibrato e alla coesione economica in tutti gli Stati membri.
La missione della BEI è fortemente legata agli obiettivi politici dell’UE, con una forte enfasi sulla promozione della crescita sostenibile, sul miglioramento delle opportunità di lavoro e sulla promozione della coesione sociale. Finanzia un’ampia gamma di progetti in vari settori, tra cui le energie rinnovabili, le infrastrutture, la sanità e l’istruzione. Una delle priorità chiave della Banca è stato (ed è) il Green Deal europeo, che mira a rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Per sostenere questa ambizione, la BEI si è impegnata a destinare almeno il 50% dei suoi finanziamenti all’azione per il clima e alla sostenibilità ambientale entro il 2025. Questo impegno sottolinea il ruolo della Banca in qualità di banca per il clima dell’UE, mobilitando risorse per affrontare il cambiamento climatico e promuovere la transizione energetica.
La BEI (e, analogamente, le varie MDB) utilizza una vasta gamma di strumenti finanziari per adempiere alla sua missione e sostenere i progetti di vasta portata:
Il report congiunto recentemente pubblicato contiene i seguenti insights sulla distribuzione dei finanziamenti:
Low and middle-income economies: Nel 2023 circa 75 miliardi di dollari di climate finance da parte delle MDB sono stati destinati alle economie low and middle income. Di questa somma, il 67% ha un’allocazione dei fondi legata alla mitigazione del cambiamento climatico e la restante parte, il 33%, all’adattamento ai cambiamenti climatici.
High-income economies: Nel 2023 sono stati stanziati circa 50 miliardi di dollari per le economie high income. Di questo importo, circa il 94% è stato destinato alla mitigazione dei cambiamenti climatici e i restanti 3 miliardi di dollari sono stati destinati all’adattamento ai cambiamenti climatici.
Il report conferma alcune riflessioni e considerazioni che, numeri alla mano, anche altre fonti esterne avevano fatto emergere, in particolare i dati della Climate Politcy Initiative e il report Climate Finance and the USD 100 Billion Goal, pubblicato dall’OCSE nel maggio scorso. Il contributo delle banche per lo sviluppo sta crescendo e la sfida del cambiamento climatico richiede ancora sforzi e investimenti ingenti: appelli e aspettative chiedono di fare di più.
Al riguardo, il richiamo di Draghi alle riforme si collega alle varie discussioni connesse all’idea di espandere il capitale (ed il ruolo) di tali istituzioni, specialmente laddove il capitale privato da solo non può (e talvolta non vuole, in quanto troppo rischioso). A ben pensarci, la funzione di mitigazione del rischio degli strumenti di debito delle banche per lo sviluppo (de-risking capital) è una funzione ben nota da sempre, attraverso i vari strumenti di debito e di garanzia che le banche private utilizzano per ottimizzare i propri assorbimenti patrimoniali e ridurre il proprio rischio di credito. Alcuni studi recenti hanno analizzato, a livello globale, il ruolo di tali istituzioni nei prestiti sindacati. I risultati indicano, in estrema sintesi, che le banche per lo Sviluppo hanno un ruolo chiave nelle strutture di syndicated loan durante le crisi finanziarie e nel caso di debitori green e financially constrained.
Tale dibattito va a braccetto con un’altra esigenza rilevante, un’esigenza di accuratezza e armonia delle metodologie e delle definizioni (cosa è Climate Finance, cosa non lo è?). Anche su questo ci sono stati diversi affinamenti e il report congiunto delle MDB riporta in dettaglio le metodologie adottate e numerosi casi studio.