Nel caso di gestione di un fondo immobiliare chiuso, l’Arbitro ha precisato che, pur non potendosi sindacare le valutazioni effettuate dal gestore, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, sulla tempistica, sull’opportunità e sulla convenienza degli investimenti e dei disinvestimenti, coerentemente con la lettera e lo spirito della normativa di riferimento, nonché con la natura di obbligazione di mezzi (e non di risultato) gravante sul gestore, può e deve essere oggetto di valutazione il rispetto del dovere di addivenire alle proprie scelte di investimento/disinvestimento attraverso un predeterminato e rigoroso processo decisionale che garantisca coerenza, completezza di analisi, compiuta motivazione delle stesse e adeguata considerazione degli interessi dei partecipanti al fondo, oltre che il rispetto del regolamento del fondo stesso. Il concreto atteggiarsi del processo di investimento/disinvestimento riveste, infatti, un ruolo centrale ai fini della corretta prestazione del servizio gestorio. Affinché il comportamento della società di gestione possa considerarsi improntato ai prescritti canoni di diligenza e correttezza comportamentale è necessario, alla luce delle previsioni normative di riferimento, che il complessivo processo decisionale venga in concreto declinato in modo da consentire, ex ante, di indirizzare l’attività gestoria e, ex post, di controllarne i risultati (ex multis, decisione ACF n. 6058 del 10 novembre 2022). Nel caso di specie, le evidenze disponibili in atti non sono idonee a dimostrare che la SGR, nella fase di liquidazione dei cespiti immobiliari del fondo, abbia effettuato un’adeguata e approfondita attività di due diligence – per sua natura propedeutica all’operazione di disinvestimento degli immobili – finalizzata all’individuazione delle controparti acquirenti e delle condizioni di vendita, non avendo versato in atti neppure le procedure interne cui si sarebbe dovuta attenere nel selezionare i cessionari e nel pattuire le condizioni e il prezzo di vendita.