La fiammata inflazionista dell’ultimo biennio ha riacceso il dibattito sulla natura del fenomeno. Se una corretta diagnosi è il presupposto per una cura ottimale, un’attenta valutazione sull’impennata dei prezzi è il punto di partenza per efficaci politiche di contrasto: il termometro indicava una febbre da domanda o da offerta?
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un’inflazione record.
Tra il 2020 e il 2022, le economie globali sono state soggette a shock esogeni di indubbia entità. Lo shock da Covid-19 dapprima e lo straordinario aumento dei prezzi delle materie prime energetiche, in seguito, hanno indotto numerose autorità monetarie ad intervenire al fine di limitare le ricadute sui mercati dei beni e dei capitali.
Nell’Area euro, a fine 2022 l’inflazione è salita oltre il 10%, collocandosi sui valori di massimo storico. Per contrastare questa recrudescenza inflazionistica, la Banca Centrale Europea ha avviato una rigida stretta monetaria, alzando i tassi di policy dallo 0% al 4,5%.
Capire le dinamiche sottostanti ai fenomeni inflattivi risulta particolarmente importante per inquadrare l’operato della BCE, nonché offre una linea di indirizzo a supporto dell’azione di politica monetaria. L’interrogativo da cui siamo quindi partiti è il seguente: qual è la natura delle recenti dinamiche inflazionistiche nei principali paesi dell’Area euro?
Facendo un piccolo passo indietro, nell’Area euro, la crisi pandemica da Covid-19 si è inserita alla fine di un decennio contraddistinto da una lenta crescita dei prezzi, a tratti negativa, e da tassi di policy ancorati allo 0%, il che rendeva limitato il margine operativo dell’autorità monetaria.
Nell’ultimo biennio, molti studi si sono concentrati sulla distinzione fra inflazione da offerta e da domanda. Firat e Hao (2023) hanno verificato come l’inflazione da offerta risponda agli shock petroliferi e alle pressioni sulle catene di approvvigionamento, mentre l’inflazione guidata da fattori di domanda mostri una risposta più pronunciata agli shock di politica monetaria. Gordon e Clark (2023) ritengono che il recente aumento dei prezzi sia stato caratterizzato tanto da fattori legati alla domanda quanto da fattori legati all’offerta, mentre secondo Beaudry P. et al. (2022) da parte di molte banche centrali vi sarebbe stato un tardivo riconoscimento del fatto che parte dell’aumento osservato dell’inflazione sia stato determinato da pressioni sulla domanda piuttosto che da shock temporanei sull’offerta.
Per quanto riguarda l’Area euro, lo stretto co-movimento tra ciclo dei prezzi delle materie prime e dell’energia può far ritenere che l’accelerazione dell’inflazione europea sia stata prevalentemente determinata da uno shock dal lato dell’offerta, mentre limitato sarebbe stato il ruolo svolto dalle dinamiche della domanda aggregata. Se questo fosse il caso, la teoria economica insegna come politiche di restrizione della domanda, come quelle di aumento dei tassi di interesse, sarebbero inefficaci ai fini del contrasto dell’inflazione, esacerbando di contro gli effetti recessivi dello shock (Bruno e Sachs, 1979; Pianta, 2023; Boitani e Tamborini, 2023).
A tal fine, nell’articolo “I prezzi dell’energia e i recenti andamenti dell’inflazione in Italia, Francia e Germania: shock da domanda o da offerta?” pubblicato in Economia Italiana 3/23, misuriamo gli impatti derivanti prima dalla crisi pandemica e poi da quella energetica e come si siano trasmessi nei differenti paesi dal 2016 alla fine del 2023, esaminandone il grado di eterogeneità.
Lo studio, seguendo la metodologia di Shapiro (2022), dimostra come tali eventi abbiano innescato una successione di shock dal lato della domanda e dell’offerta in tutti e tre i paesi. Entrambi, infatti, hanno influito sulle dinamiche dell’inflazione, sebbene con tempi e intensità diversi.
Le nostre stime mostrano come, durante i mesi di confinamento, la componente di domanda ha impattato negativamente sull’inflazione IPCA dell’Italia, in virtù di una minor richiesta di servizi da parte dei cittadini. Effetti analoghi si sono verificati in Francia e Germania. Il fenomeno deflattivo è stato compensato dall’insorgere di colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento globali, che hanno determinato aumenti di prezzo, in particolar modo per i beni di prima necessità (shock di offerta negativi).
Superato il lockdown con i suoi effetti depressivi sui prezzi, alla ripartenza delle economie il tasso d’inflazione è stato alimentato in tutti e tre i paesi principalmente da shock di domanda, più o meno omogenei, fino alla crisi energetica scatenata dall’invasione russa in Ucraina.
Lo scoppio del conflitto ed il successivo aumento dei prezzi delle commodities hanno esacerbato le tensioni dal lato dell’offerta. Nel periodo febbraio 2022 – febbraio 2023, in Italia, il contributo medio dell’offerta all’inflazione è stato maggiore del contributo della domanda; anche in Francia e Germania l’inflazione è stata alimentata principalmente da shock di offerta, rispetto a shock di domanda, ma con una maggior omogeneità tra i due contributi. La crisi energetica ha, senza dubbio, acuito il contributo degli shock di offerta in tutti e tre i paesi, divenendo un fattore trainante dell’inflazione, che ha però continuato a ricevere impulsi anche dal lato della domanda.
Il 2023 si è aperto con una comune flessione dell’indice dei prezzi al consumo, parallelamente all’inasprimento della politica monetaria e al rientro dei prezzi delle materie prime. Tuttavia, il trend discendente non si è presentato con la stessa intensità nei tre paesi analizzati. La riduzione più significativa del livello dei prezzi è stata rilevata in Italia, mentre in Francia e Germania il percorso di rientro è stato più graduale.
Il confronto tra paesi ha evidenziato importanti elementi di difformità, sia nella fase di accelerazione dell’inflazione, che durante il processo di rientro.
In Italia lo shock di offerta ha conservato per tutto il periodo una stretta correlazione con l’andamento dei prezzi energetici, in ragione della maggior dipendenza estera di materie prime energetiche (gas naturale, petrolio e carbone). In Francia e Germania, invece, dalla fine del 2022 si è constatato uno scollamento fra calo dell’inflazione e dei prezzi energetici, con il primo che sembra mostrare un grado di persistenza superiore a quello italiano. Tale divergenza assume particolare rilievo in Francia, dove la correlazione fra shock di offerta e prezzi dei beni energetici presenta nei primi mesi del 2024 segno negativo. La Francia, infatti, in virtù di un paniere energetico maggiormente orientato al nucleare, presenta un minor grado di dipendenza dall’approvvigionamento di materie prime energetiche ed una consequenziale minor esposizione alle dinamiche di prezzo delle commodities energetiche.
Dal lato della domanda, risulta esservi un effetto di contenimento dell’inflazione molto rilevante in Italia e Germania, ma quasi assente in Francia, dove la componente di domanda mostra una maggiore persistenza.
In termini più generali, i risultati confermano l’esistenza di un’eterogeneità fra paesi che rende complessa l’azione della BCE e, dati gli impulsi deflattivi che provengono dal lato della domanda, sembrerebbe giustificare le attese di un taglio dei tassi di interesse nel corso del 2024.