Nel cado di sentenza penale che riconosca la responsabilità solidale dell’Intermediario ex art. 31, comma 3, del D. Lgs. n. 58/1998 (TUF) con conseguente condanna generica al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, il ricorso dinanzi all’Arbitro rappresenta la sede in cui accertare la responsabilità dell’Intermediario e provvedere alla conseguente liquidazione del danno. Al riguardo, l’orientamento della Corte di Cassazione civile, espresso nella sentenza n. 5560 del 9 marzo 2018, risulta confermato dalla successiva giurisprudenza della medesima Corte e, in particolare, nell’ordinanza n. 8477 del 5 maggio 2020: la Suprema Corte è tornata a ribadire quale sia il corretto canone ermeneutico dell’art. 651 c.p.p. (Efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile e amministrativo) e in quali termini e con quali limiti il giudicato penale riverberi la propria efficacia nel successivo giudizio civile di danno. In sostanza, la condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il giudice abbia riconosciuto il relativo diritto alla costituita parte civile, non esige alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando soltanto l’accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e della probabile esistenza di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, salva restando nel giudizio di liquidazione del “quantum” la possibilità di esclusione della esistenza stessa di un danno collegato eziologicamente all’evento illecito. Inoltre, proprio perché la pronuncia di condanna generica emessa nel giudizio penale non richiede anche l’individuazione dei danni risarcibili (oltre all’accertamento della loro derivazione causale dall’illecito), si ritiene non possa riconoscersi rilevanza, al fine della determinazione del danno in sede civile, alla circostanza che il giudice penale abbia riconosciuto provvisionali solo entro un determinato ammontare.