Libri

a cura di Filippo Cucuccio

Credit Suisse, gigante dai piedi d'argilla

Mathilde Farine “La caduta – Il caso Credit Suisse”, Milano 2024, Guerini E Associati,pagg.152, Euro 16,50

La storia dello scandalo della banca elvetica illumina un sistema finanziario molto lontano dal mito che lo ha sempre avvolto e al contrario bisognoso di un ripensamento sistemico

Filippo Cucuccio

Fa sicuramente riflettere questo libro di Mathilde Farine, giornalista svizzera specializzata in campo economico, che segue con particolare attenzione da molti anni le vicende e l’evoluzione del sistema bancario – finanziario del suo Paese.

Infatti, si dice Svizzera e si pensa, per associazione di idee, ad un “Sistema Paese” perfettamente regolato, in cui tutto funziona in modo coerente con i suoi principi ispiratori di sicurezza e solidità. Purtroppo, la vicenda drammatica del Credit Suisse (CS), ricostruita nelle pagine di questo libro in modo rigoroso, avvalendosi, anche, di alcuni preziosi contributi di interviste con personalità del mondo finanziario elvetico e non solo, mostra inequivocabilmente che per i nostri vicini di Oltralpe, dopo le numerose falle e criticità riscontrate, è giunto il momento di un ripensamento sistemico e programmatico del proprio mondo finanziario. Così come sottolineato nella sua Prefazione da Stefano Righi, giornalista economico esperto del mondo finanziario, in particolare di quello assicurativo e bancario, in forza al Corriere della Sera da inizio secolo, che ha curato la versione italiana del libro.

Gli undici agili capitoletti, a cui vanno aggiunti un Prologo e una Conclusione, in cui si articola questo volume e lo stile accattivante ne rendono la lettura decisamente invitante, anche per un pubblico ben più ampio di coloro che sono professionalmente interessati al mondo finanziario. Nel libro, poi, oltre ad una bibliografia quantitativamente contenuta, ma qualitativamente significativa e utile per ulteriori specifici approfondimenti, alcune pagine sono dedicate sia ad una Cronologia Essenziale della storia di CS, sia a “Gli uomini chiave del Credit Suisse”, in cui vengono tratteggiati sinteticamente i profili di personaggi importanti per la sua storia ultrasecolare.

L’A., dunque, percorre in modo puntuale e ben documentato le tappe fondamentali di questa banca, dalla sua nascita avvenuta nel 1856, al tragico epilogo, avvenuto durante un week end del marzo dello scorso anno, con la sua incorporazione nell’altra banca sistemica della Confederazione, l’Union des Banques Suisses (UBS).

Altro merito da sottolineare di questo libro è quello di aver sapientemente collocato la ricostruzione  delle vicende di CS nel più ampio ambito dei due processi di progressiva industrializzazione della Svizzera e di internazionalizzazione del suo sistema bancario.

Se per il primo dei due fenomeni, l’industrializzazione, i risultati sembrano essere stati decisamente positivi, altrettanto non può dirsi per l’aspetto dell’internazionalizzazione. Infatti, l’A. ben documenta le difficoltà e le disavventure in cui sono incappate a più riprese anche le maggiori banche svizzere, inclusa UBS, che dopo una crisi acuta, manifestatasi all’indomani del fallimento di Lehman Brothers nel 2008, paradossalmente si troverà a salvare dal disastro irreversibile il suo principale competitor che, quindici anni prima, era stato a un passo dall’acquisirla.

Tutto ciò porta a ritenere che vi siano state inadeguatezze rilevanti, sia nelle strategie di crescita delle banche di maggiore importanza, orientate in modo eccessivo all’investment banking, sia nella gestione dei rischi, come testimoniato dal coinvolgimento in alcuni fallimenti clamorosi, ultimi in ordine di tempo quelli di Greensill e di Archegos, sia, infine, nella strumentazione regolamentare e sanzionatoria a disposizione della Banca Centrale e dell’Autorità di Vigilanza svizzere.

In particolare per CS, l’A. punta il proprio dito accusatore sugli effetti della sua espansione nel mercato statunitense, culminata con l’ingresso nel 1988 nel capitale di First Boston, sull’appiattimento di una cultura manageriale, monopolizzata dalla ricerca esclusiva di profitti per la banca e di cospicui bonus per i suoi dirigenti a scapito di un’oculata e rigorosa gestione del rischio, sulla poca cura usata nella selezione della classe dirigenziale e sulla mancanza di incisivi interventi formativi.

A ciò, come già accennato, vanno aggiunte le evidenti carenze negli interventi (che, pure, ci sono stati) dell’Autorità di Vigilanza, come certificato dai numerosi scandali finanziari in cui CS è risultato coinvolto: dal cosiddetto caso Chiasso del 1977, a quello di aver favorito l’evasione fiscale di numerosi cittadini statunitensi contestata dal Fisco di quel Paese nel 2014, all’altro dei Tuna Bonds del Mozambico nel 2016, solo per citarne alcuni.

In definitiva, un mix di fattori, che ha condotto CS sulla soglia del fallimento con conseguenze temibili non solo per il sistema bancario svizzero, ma anche, alla luce delle sue dimensioni, per l’intero sistema finanziario internazionale.

Gli insegnamenti che si possono trarre dalla vicenda di CS dovranno, pertanto, essere tenuti bene a mente, anche al di fuori della Confederazione elvetica, dai vertici delle banche, da quelli delle altre istituzioni finanziarie e dalle autorità di vigilanza, che, non a caso, così come avvenuto in Svizzera, hanno colto la palla al balzo per chiedere con insistenza un rafforzamento dei propri poteri di intervento e di sanzione.

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