Minerva Lab

L'Italia si è davvero dotata di un sistema contributivo?
di Sandro Gronchi, Sergio Nisticò

Il modello NDC (Notional Defined Contribution) è una modalità della ripartizione che ambisce a garantire equità e sostenibilità. Nella seconda metà degli anni ’90 fu pienamente implementato dalla “canonica” riforma svedese che ispirò quelle di Polonia, Lettonia e Norvegia. Da allora, il modello NDC attira l’interesse degli studiosi e delle istituzioni internazionali. Le riviste scientifiche continuano a ospitare articoli che indagano le sue proprietà, e la Banca Mondiale ha organizzato tre workshop per approfondirne e promuoverne la conoscenza.
Sebbene primogenito, l’NDC italiano, chiamato col nome improprio di “sistema contributivo”, è stato totalmente ignorato dal dibattito internazionale perché afflitto da errori e lacune che giustificano il titolo di questo articolo. Infatti, è ridotto a una maldestra regola di calcolo della pensione, mentre dovrebbe riguardare altri aspetti fondamentali fra cui l’indicizzazione automatica e il suo trade off coi coefficienti di trasformazione, l’obsolescenza di questi ultimi e la loro differenziazione per coorte, l’età pensionabile, i diritti del superstite e la separazione della vecchiaia dall’invalidità. Sull’esempio svedese, l’implementazione del modello NDC non dovrebbe inoltre prescindere da un profondo riordino istituzionale che distingua una Social Security Agency perlopiù finanziata dallo stato, da una Old Age Pension Agency unicamente finanziata dalla contribuzione.
È improbabile che la barca dell’NDC italiano possa essere raddrizzata. I recenti provvedimenti del nuovo governo confermano le tendenze del passato, cioè la misconoscenza della “filosofia” NDC e l’incapacità di governare l’ancor lunga fase transitoria.

Il testo è tratto dall'articolo pubblicato su:

EI_1-2023

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