Libri

a cura di Filippo Cucuccio

Storia di un'Italia condannata alla mediocrità

Pietro Modiano – Marco Onado “Illusioni perdute - Banche, imprese, classe dirigente in Italia dopo le privatizzazioni”, Il Mulino, Bologna, 2023, pagg. 372, Euro 35,00

Un'analisi dei problemi del paese che può servire a creare “uno scatto morale collettivo” indispensabile per un cambio di rotta

Filippo Cucuccio

Riflettere sul passato per meglio comprendere e decifrare il presente, un’operazione utile per declinare e orientare i tratti del futuro. È questo il senso del vecchio adagio “historia magistra vitae”, ed è proprio l’impressione che si trae dalla lettura di questo bel libro, sicuramente venato da una profonda amarezza, che traspare chiaramente dal suo stesso titolo.

Una ricostruzione storica accurata, quella svolta da Pietro Modiano, un’esperienza professionale verticistica composita nel mondo bancario e da Marco Onado, Accademico di lungo corso in alcuni prestigiosi Atenei nazionali, oltreché Commissario Consob dal 1995 al 1998. Due persone a cui bene si attaglia la locuzione di “persone informate dei fatti” nell’illustrare le principali vicende economiche del nostro Paese, dalla seconda metà del secolo scorso ai giorni nostri.

Il viaggio intellettuale proposto al lettore dagli AA. si articola in due principali tappe di riflessione: la prima, dedicata ad analizzare i tratti essenziali che hanno caratterizzato l’Italia, dal miracolo economico alla stagione delle privatizzazioni bancarie e industriali, sottolineandone le illusioni e i più vistosi fallimenti che hanno scandito gli anni Ottanta del Novecento e i decenni successivi; non trascurando, inoltre, di soffermarsi adeguatamente sugli aspetti negativi del dualismo territoriale bancario del Paese.

La seconda tappa di riflessione è centrata, invece, sul tentativo di rispondere in modo esauriente ad una domanda di base, che sorge spontanea in chi analizza criticamente quel periodo storico: perché le privatizzazioni non hanno cambiato l’Italia, nel senso auspicato di colmare il divario di sviluppo con i tassi di crescita dell’Europa e, in particolare, dei nostri principali competitors, Francia e Germania?

Definito il perimetro dell’indagine ricostruttiva, si può sottolinearne un primo rilevante aspetto, la sua qualità, utile per il lettore a cogliere e individuare le responsabilità della classe politica, di quella manageriale, sia bancaria che industriale, in un processo storico che avrebbe potuto delineare un orizzonte di sviluppo decisamente migliore; che ha condannato, invece, l’Italia ad una situazione di mediocrità, contrassegnata da un declino apparentemente inarrestabile, dagli “anni Ottanta” del secolo scorso in poi. Una fotografia, certificata inoppugnabilmente dal riscontro statistico dell’insoddisfacente andamento della produttività.

Si parlava, inizialmente, di amarezza; una sensazione, che deriva dalla consapevolezza, che questo declino è avvenuto a dispetto di favorevoli occasioni storiche, che non sono state adeguatamente sfruttate per l’insipienza, la miopia strategica e la voracità di quanti ricoprivano all’epoca posizioni di responsabilità determinanti. Esemplari sono le descrizioni di quanto è avvenuto in Seat, Alitalia, Telecom e Autostrade da un lato; ma, anche, dei limiti e dei lacci che hanno contrassegnato la formazione di due campioni del nostro sistema creditizio, Unicredit e Intesa San Paolo.

L’arretramento dell’Italia è, inoltre, avvenuto – ulteriore motivo di disappunto – nonostante la riconosciuta capacità di adattamento della nostra classe imprenditoriale ai cambiamenti di scenario e nonostante le punte di eccellenza realizzate comunque da alcuni comparti del nostro mondo industriale.

L’Italia, in definitiva, a giudizio dei due AA., ben si presta all’applicazione di quello schema interpretativo della realtà economica, costruito ed esplicitato da William Baumol nel suo saggio del 1990, “Entrepreneurship: Productive, Unprodictive and Destructive”, sull’allocazione delle risorse imprenditoriali e sulle regole del gioco a cui si trova a sottostare.

Il pessimismo della ragione, di cui è pervasa l’analisi del duo Modiano – Onado, non esclude, peraltro, una fiammella di speranza per il futuro, grazie a un ottimismo della volontà, che deve guardare al futuro e puntare al cambiamento. Ad una condizione: che si utilizzi l’approfondita analisi degli attuali problemi della società italiana, in realtà, frutto di un’indesiderabile eredità dei precedenti decenni, accompagnandola a “uno scatto morale collettivo”, indispensabile per un cambio di rotta del nostro Paese.

In conclusione, questo libro offre al lettore una valutazione attenta e depurata da scorie di faziosità di vicende che, forse egli stesso ha vissuto sulla propria pelle, o di cui, a seconda dell’età, ha avuto notizia in modo frammentario e, comunque, incompleto.

Oltre a questo indubbio merito, il libro di Modiano – Onado – che è arricchito da un più che robusto repertorio bibliografico, certamente utile per chi volesse approfondire aspetti delle singole vicende evocate – si segnala anche per almeno altri due aspetti meritori: la sistematizzazione con cui vengono presentate le singole vicende riportandole in un quadro unitario di lettura storica interpretativa; la modalità narrativa scelta, decisamente accattivante e resa piacevole da uno stile agile, rendendo così di facile comprensione anche per i non addetti ai lavori vicende economiche nazionali particolarmente complesse e intricate.