Giuseppe Maria Pignataro
Pignataro

È un economista esperto di finanza pubblica ed editorialista del Sole24Ore.

Laureato a Siena in Scienze Economiche e Bancarie, è attualmente responsabile del settore pubblico di un grande gruppo bancario internazionale.

Ha pubblicato numerosi articoli e alcuni saggi su temi di macroeconomia e finanza pubblica. E’ autore di un libro pubblicato nel 2012 dalla casa editrice del Sole24Ore “Riequilibrio e Rilancio”.

Ha pubblicato su FCHub:

Politica Economica

Per cercare di comprendere il futuro andamento dell’economia a seguito dell’intensa turbolenza finanziaria globale con cui si è aperto il 2016, occorre interrogarsi su alcune questioni: le cause che hanno portato al crollo dei mercati; il futuro andamento dell’economia cinese; l’evoluzione del prezzo del petrolio; la capacità delle banche centrali delle economie avanzate di riuscire a contrastare le spinte deflazionistiche indotte dai problemi della Cina e dei paesi emergenti, dalle tensioni geopolitiche e dall’andamento dei prezzi delle materie prime; le ripercussioni della eventuale persistente debolezza dei mercati azionari ed obbligazionari su consumi e investimenti; l’effettivo stato di salute del sistema bancario mondiale; la minaccia di esplosione dello spettro di Grexit, con un paese tornato nuovamente in recessione e con un debito sempre più insostenibile.

Politica Economica

L’idea in base alla quale la riduzione della spesa pubblica volta ad abbassare la pressione fiscale sia la via obbligata da percorrere in un periodo di crisi continua ad essere al centro dei dibattiti di politica economica in Italia. Tuttavia, le analisi sui livelli di spesa in Europa dicono che il Paese non ha una spesa primaria in rapporto al PIL elevata. In particolare, la spesa pro-capite primaria dell’Italia è notevolmente più bassa di quella della Francia, della Germania e del Regno Unito. Le regole fissate dal Patto di Stabilità Interno e la riduzione progressiva dei trasferimenti dallo Stato agli enti territoriali ed ai ministeri hanno provocato effetti largamente disfunzionali e degenerativi, riducendo le risorse disponibili per la spesa e non generando un effettivo ridimensionamento del fabbisogno di spesa.

Politica Economica

Nei programmi del governo (Legge di Stabilità e DEF), per fare scendere il debito fino al 119,8%, l’Italia deve produrre un avanzo primario per il quadriennio 2016-2019 da un livello del 2% fino al 4,3% nel 2019. Si tratta di risultati che nessun paese europeo dal 1995 ad oggi ha mai registrato e di uno sforzo che impedirà di spendere fino a 70 miliardi di entrate di bilancio, anche se destinate ad investimenti produttivi. Posto che lo sviluppo di un paese dipende da tre fattori basici: l’innovazione, la produttività e la demografia, e che, senza uno sviluppo di spessore, non esiste la possibilità di generare flussi tendenzialmente crescenti di entrate utili ad alimentare un circolo espansivo virtuoso, allora gli alti avanzi primari, soprattutto in fasi di bassa crescita mondiale, bassa inflazione e bassi tassi di incremento del debito privato, non sono compatibili con i livelli di sviluppo di cui l’Italia ha bisogno. Tuttavia, poiché la riduzione del peso del debito pubblico e degli oneri che produce è un obiettivo da perseguire, per ragioni di vulnerabilità della situazione attuale, di aumento dell’efficacia della politica fiscale e come strumento di stabilizzazione e di eliminazione dei fenomeni di spiazzamento degli operatori privati, diventa necessario individuare una strategia, alternativa a quella attualmente perseguita, che consenta a chi governa di attuare una politica fiscale fortemente e strutturalmente espansiva, operando comunque nel quadro dei vincoli europei.

Politica Economica

Finora gli accordi di bilancio sono serviti solo a tutelare i paesi forti. Che hanno risentito meno della congiuntura negativa. Ma anche gli altri hanno bisogno di equilibrio, efficienza e competitività. La flessibilità delle regole, però, da sola non basta a garantire il rilancio della crescita.