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La consulenza finanziaria … ai tempi dei “tassi zero”, di MiFID2 e FINTECH

Dal quaderno CONSOB e dal “Rapporto 2016 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane” circa la domanda di consulenza finanziaria nel nostro paese, emergono gli “elementi cardinali” attorno ai quali dovrà essere ridisegnato il paradigma tra Banca e Cliente, tenuto conto dell'entrata in vigore di MiFID 2 (gennaio 2018) e dei radicali cambiamenti dovuti alla Financial Technology. La “domanda di consulenza finanziaria” è in dinamico cambiamento, al pari della nostra società. Per questo l’anno che verrà sarà forse l’ultimo per cogliere la non più rinviabile occasione di far evolvere rapidamente i “modelli di offerta” al fine di capitalizzare concretamente le opportunità tecnologiche e rispondere strategicamente a quelle normative.

Luca Galli
GALLI

Il quaderno CONSOB[1] unitamente al “Rapporto 2016 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane[2]” delineano in maniera puntuale e rigorosa, anche avvalendosi di modelli econometrici multivariati, lo stato della domanda di consulenza finanziaria nel nostro paese.

In sintesi emerge un quadro che vede “in media l’investitore italiano”:

  • ricorrere più frequentemente al consiglio di amici e parenti, piuttosto che a quello di un professionista;
  • mostrare bassa conoscenza delle caratteristiche del servizio di consulenza previsto da MiFID;
  • ritenere di non aver bisogno di consulenza, perché “investe poco, in prodotti semplici e perché non si fida del consulente”;
  • scegliere il consulente soprattutto sulla base delle indicazioni della banca di riferimento.

Non è difficile osservare che la risposta ad una simile domanda, si configuri come l’ennesima sfida a cui l’industria del risparmio e, più in generale, il settore bancario, sono chiamati a rispondere, in tempi brevi, a pena di un’ulteriore erosione della propria profittabilità.

Altrettanto facile è prevedere che la difesa della redditività, nell’era dei tassi zero, non potrà che passare dalla tenuta delle commissioni e, quindi, dalla capacità di ripensare la propria offerta e il proprio rapporto con la clientela, anche nella prospettiva di un futuro scenario regolamentare certamente meno favorevole all’industria del risparmio.

Tanto premesso, le considerazioni che seguono si concentrano sugli “elementi cardinali” attorno ai quali dovrà essere ridisegnato il paradigma tra Banca e Cliente, tenuto conto dell’entrata in vigore di MiFID 2 (gennaio 2018) e dei radicali cambiamenti dovuti alla Financial Technology.

Product Governance

Gli operatori finanziari e bancari dovranno essere in grado di ideare e commercializzare prodotti costitutivamente concepiti per soddisfare le esigenze ed i bisogni delle pre-determinate categorie di clienti ai quali saranno successivamente distribuiti (target market potenziale ed effettivo).

Se è chiara ed in via di principio condivisibile la volontà del regolatore di rafforzare la tutela del cliente – anteponendo alla fase di commercializzazione (dove le principali regole di condotta restano confermate), ulteriori presidi durante la fase di creazione del prodotto – emergono in modo altrettanto evidenti le sfide che attendono manufacturer e distributor:

nella creazione di modelli di collaborazione snelli ed efficaci e non sterilmente tesi alla compliance normativa;

nella capacità di adottare un modello olistico ed integrato (ovvero più modelli compatibili e coerenti) per la product governace relativa ai prodotti finanziari, ai prodotti bancari[3] e a quelli assicurativi[4];

e, infine, nella definizione di una product governance fortemente integrata alla pianificazione commerciale ed alla personalizzazione dei sistemi incentivanti delle figure professionali che entrano in contatto con i clienti e che, quindi, sono i principali attori del nuovo modello di relazione qui discusso.

Conoscenza e competenza di una rete distributiva “veloce e flessibile”

Il gap di educazione finanziaria descritto dal Quaderno CONSOB non potrà che essere, in larga misura, colmato da una capillare “opera pedagogica” nei confronti della clientela, necessariamente a carico dell’industria del risparmio.

Tale opera troverà compimento, in special modo per le banche tradizionali, attraverso una ampia riqualificazione del personale di filiale (i.e. rete distributiva e, più in generale, di tutti coloro che entrano in contatto con la clientela).

La riqualificazione qui richiamata attiene a robusti e pervasivi percorsi formativi, ma soprattutto alla capacità degli istituti di credito di rendere complementare la professionalità del “nuovo bancario” alla rivoluzione Fintech in corso, integrando le soft skills tipicamente consulenziali, (e.g. la capacità di ascolto attivo nei percorsi di sviluppo professionale).

Si prospettano (e taluni operatori stanno già impegnando le proprie migliori risorse manageriali) nella declinazione e personalizzazione di modelli di relazione ibridi “light & fast”, capaci cioè di ampliare, e nel contempo semplificare, il contatto con la clientela, pur agendo a 360° su tutta la filiera dei servizi (i.e. risparmio / investimenti, ma anche salute, pensione, fiscale, successione, …).

Modelli capaci di attivarsi gradualmente in relazione allo status della clientela, ma che dovranno essere altresì in grado di assicurare livelli di servizio accessibili anche ai “risparmiatori potenzialmente non profittevoli”, onde evitare fenomeni di free-riding e di selezione avversa rispetto alle intenzioni del Regulator (come nel caso degli advicing gap occorsi nel mercato UK[5]); fenomenidestinati, nel medio termine, a trasformarsi in costi sociali, con ricadute direttamente o indirettamente, sui contribuenti e sui risparmiatori stessi.

“Velocità e flessibilità” sono indispensabili per sopravvivere (i) alla oramai concreta comparsa di nuovi attori molto più efficienti (e.g. la recente licenza ottenuta da Facebook per operare sui pagamenti, viatico a future ulteriori invasioni del financial playing field, ormai non più livellato) e (ii) all’impossibilità dei regolatori di disciplinare un mercato che si muove molto più rapidamente ed efficacemente rispetto alla reale capacità di legiferare, anche perché spesso rallentata da tortuosi e lenti percorsi approvativi.

Un nuovo “Know Your Customer” per incrementare la domanda di consulenza e rendere trasparenti i costi

Sempre più la conoscenza della clientela dovrà essere integrata e arricchita attraverso le informazioni, per singolo cliente, già a disposizione degli operatori, ancorché non sempre in maniera consapevole, ordinata e fruibile (e.g. la composizione ed ampiezza dei prodotti scelti nel tempo dal cliente, il rischio reale del portafoglio detenuto, le movimentazioni intervenute dopo le perdite/guadagni, etc).

La consulenza dovrà fare leva su tali informazioni, non potendosi più accontentare di una profilatura del cliente “statica e mono-direzionale”. La profilatura si qualificherà come parte integrante del servizio stesso di consulenza:

divenendo l’elemento vitale della relazione con il cliente;

agendo quale fattore abilitante:

oper innalzare la qualità del servizio di consulenza;

oper accrescere la consapevolezza e la financial literacy del cliente stesso;

o(e quindi, in coerenza ai risultati del paper CONSOB) per incrementare, in ultima analisi, la sua richiesta di servizi di consulenza.

A meno di scorciatoie ed escamotage – che peraltro pagheranno dividendi solo di breve periodo – l’accrescimento della consapevolezza del cliente appare come il principale percorso di sviluppo propedeutico, con il tempo, a rendere tollerabile alla clientela (non senza i fisiologici rigetti) la full disclosure sui costi del servizio di consulenza e dei relativi prodotti in ottica MiFID2, ad oggi, non sempre parte del “patrimonio di conoscenze” dei clienti.

2017: l’ultima grande occasione …

L’ineliminabile e ormai costante “rumore di fondo” prodotto da NPL, aumenti di capitali, fusioni e salvataggi, riforma delle popolari e del credito cooperativo ha fatalmente attratto la quasi completa attenzione dell’industria bancaria e assorbito significativi investimenti ed energie di molti istituti e dei loro vertici.

Ecco perché, pochi player sono riusciti ad avviare pervasivi programmi pluriennali tesi ad un profondo cambiamento della propria offerta sotto le molteplici prospettive dianzi delineate.

In tale scenario non è vano ricordare che il risparmio è una delle principali risorse del nostro paese, che desta sempre più l’interesse e le mire di operatori internazionali (Amundi-Pioneer, docet): allora l’anno che verrà sarà forse l’ultimo per cogliere la non più rinviabile occasione di far evolvere rapidamente i “modelli di offerta” al fine di capitalizzare concretamente le opportunità tecnologiche e rispondere strategicamente a quelle normative, con l’intento di rendere più consapevole e, nel contempo, soddisfare – e sperabilmente ampliare – una “domanda di consulenza finanziaria” in dinamico cambiamento, al pari della nostra società.

[2] http://www.consob.it/web/area-pubblica/report-famiglie

[3] Cfr. EBA – Guidelines on product oversight and governance arrangements for retail banking products del 22 marzo 2016 e la cui entrata in vigore è prevista il prossimo mese (3 gennaio 2017).

[4] Cfr. EIOPA – Orientamenti preparatori sulle disposizioni in materia di governo e controllo del prodotto da parte delle imprese di assicurazione e dei distributori di prodotti assicurativi che integrano le disposizioni della Direttiva 2014/97 (cd IDD) del 20 gennaio 2016, la cui entrata in vigore è prevista per il 23 febbraio 2018. Tale normativa estende ancorché non in modo uniforme ai prodotti assicurativi – anche di natura finanziaria come le unit linked – le previsioni di MiFID 2 in tema di product governance.

[5] L’introduzionedella “consulenza indipendente” nel Regno Unito ha condotto, per eterogenesi dei fini, ad un marcato fenomeno di “advice gap” che ha colpito soprattutto i piccoli risparmiatori, persuadendo, in tempi recenti, l’FCA a “farsi promotrice” della più economica consulenza automatizzata attraverso (i) la definizione di “high standards for Robo Advisers” nel (non semplice) tentativo di assicurare i medesimi standard tra chi offre automated services e chi lo fa viceversa face-to-face , e (ii) l’istituzione, all’interno dell’FCA medesima, di una “Advice Unit” ad hoc dedicata agli operatori finanziari che adottano forme di consulenza automatizzata.