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I Fondi Comuni di Investimento tra soggetto e oggetto di diritto

Il principio della separatezza patrimoniale dei fondi comuni di investimento, in forza del quale il patrimonio del fondo costituisce un patrimonio autonomo rispetto a quello della società di gestione e dei partecipanti, costituisce un tratto caratterizzante la struttura giuridica dei fondi medesimi all’interno del nostro ordinamento giuridico (articolo 36, commi 1 e 4, del TUF). Meno chiaro ed oggetto di risalenti ed attuali dibattiti interpretativi è invece l’inquadramento della relativa natura giuridica.

Simone Foti
Foti

I primi dibattiti dottrinali sulla natura giuridica dei fondi comuni di investimento affondano le proprie radici in una fase antecedente all’istituzione e alla disciplina dei fondi comuni di investimento nel nostro ordinamento giuridico, avutasi solamente agli inizi degli anni Ottanta con la Legge n. 77 del 23 marzo 1983 sull’”Istituzione e disciplina dei fondi comuni d’investimento mobiliare”.

Tra le impostazioni più risalenti, rileva certamente quella che inquadrava il fondo di investimento come comunione sui generis tra i sottoscrittori, secondo la quale i beni del fondo sarebbero appartenuti pro-quota a ciascuno degli investitori, comproprietari in proporzione della somma dagli stessi conferita, ovvero quella che considerava i fondi comuni di investimento di proprietà della società di gestione.

Nel corso degli anni Novanta, entrambe le impostazioni vennero superate. La prima in quanto incontrò la critica della dottrina che evidenziava la diversa struttura e scopo tra il fondo comune di investimento e l’istituto della comunione in senso stretto che si sostanzia, infatti, in una situazione statica in cui più soggetti mettono in comune beni al fine di trarne i frutti e le utilità che da essa derivano a prescindere dall’esercizio di un’attività; la seconda in quanto si evidenziò come le caratteristiche del fondo non erano riconducibili a quelle del diritto di proprietà di cui all’articolo 832 c.c.

Il problema principale, attuale più che mai, risultò capire se i fondi comuni di investimento dovessero considerarsi “soggetto o oggetto di diritto”.

Sul tema è possibile ricondurre le principali ricostruzioni sulla soggettività giuridica dei fondi essenzialmente all’interno di due filoni:

  • il primo nega la soggettività giuridica in capo al fondo. Il fondo non è un soggetto di diritto diverso dalla società di gestione. Quest’ultima godrebbe della titolarità formale dei beni facenti parte del fondo in ragione dell’attività di investimento che deve svolgere nell’interesse dei partecipanti. Tale impostazione trova supporto in recenti pronunce giurisprudenziali, prima fra tutte una Sentenza della Corte di Cassazione del 2010;
  • il secondo riconosce la sussistenza della soggettività giuridica in capo al fondo. Quest’ultimo sarebbe pertanto un soggetto di diritto distinto dalla società di gestione e dagli investitori. Tale impostazione rappresentava l’orientamento prevalentemente sostenuto in dottrina e in giurisprudenza prima della richiamata pronuncia del 2010, ed oggi trova supporto in una recentissima Sentenza del Tribunale di Milano del 10 giugno 2016.

Risulta, pertanto, possibile idealmente distinguere tre fasi storiche sull’iter interpretativo della natura giuridica dei fondi comuni di investimento:

  • la prima fase è quella antecedente alla Sentenza del 2010 e vedeva il prevalere della tesi del fondo quale soggetto di diritto. Questa impostazione, come sopra anticipato, era sostenuta anche a livello giurisprudenziale dal Consiglio di Stato che all’interno di un proprio parere aveva riconosciuto espressamente i fondi “quali centri autonomi di imputazione di interessi”;
  • la seconda fase è segnata dalla Sentenza del 2010 che ha negato la soggettività in capo ai fondi di investimento e trovato conferma nella giurisprudenza successiva (si veda ad esempio la pronuncia della Cassazione civile, sezione VI 20 del maggio 2013, n. 12187”);
  • la terza fase, che potremmo definire in corso di evoluzione, prende avvio dalla recentissima sentenza del Tribunale di Milano del giugno 2016 e sembrerebbe tornare all’impostazione antecedente il 2010, riconoscendo i fondi quali soggetti di diritto.

Quello che emerge da queste tre tappe storiche è la riconducibilità delle diverse evoluzioni interpretative sulla natura dei fondi comuni di investimento essenzialmente al binomio “soggetto o oggetto di diritto”.

Risulta, pertanto, necessario esaminare le principali pronunce giurisprudenziali che hanno segnato l’iter interpretativo della soggettività giuridica dei fondi comuni di investimento, al fine di coglierne i diversi spunti logici, quindi la ratio sottesa all’una ovvero all’altra tesi.

Con la Sentenza n. 16605 del 15 luglio del 2010, la Corte di Cassazione fonda la propria decisione in merito all’assenza di soggettività giuridica in capo al fondo facendo leva sui seguenti elementi:

  • l’assenza in capo al fondo di una struttura organizzativa minima che gli consenta di agire senza avvalersi dell’intervento della società di gestione;
  • il fondo comune di investimento sarebbe da considerarsi come un mero patrimonio separato;
  • alla società di gestione aspetterebbe solamente la proprietà formale dei beni del fondo, mentre la proprietà sostanziale dei medesimi e la relativa legittimazione processuale spetterebbe ai partecipanti.

Alla luce di tale pronuncia, la struttura del fondo sembrerebbe assimilabile a quella del trust, infatti:

  • i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee; anche i beni del fondo costituiscono patrimonio autonomo, distinto dal patrimonio della società di gestione e da quello di ciascun partecipante;
  • i creditori personali del trustee non possono aggredire i beni conferiti nel trust; anche i creditori della società di gestione non possono aggredire i beni del fondo;
  • i creditori dei beneficiari non possono aggredire i beni conferiti nel trust; anche i creditori degli investitori non possono aggredire i beni del fondo;
  • i creditori per le obbligazioni inerenti al trust non possono aggredire i beni personali del trustee (salvo verifica della Legge regolatrice); anche delle obbligazioni contratte per conto del fondo la società di gestione risponde esclusivamente con il patrimonio del fondo.

Esaminando, invece, la recente sentenza del Tribunale di Milano, la n. 7232 del 10 giugno 2016, gli elementi sulla base dei quali il Tribunale è tornato a riconoscere la soggettività giuridica al fondo comune di investimento sono:

  • l’inserimento, ad opera del D.L. 78/2010, convertito in L. 122/2010, nell’art. 36, comma 6, del TUF delle parole “delle obbligazioni contratte per suo conto, il fondo comune di investimento risponde esclusivamente con il proprio patrimonio”, confermando che il patrimonio è “proprio” del fondonon della società di gestione;
  • la previsione all’interno dell’articolo 6, commi 1 e 8-bis, della Legge di stabilità 2012, rispettivamente che il Ministero dell’Economia e delle Finanze “è autorizzato a conferire o trasferire beni immobili dello Stato … ad uno o più fondi di investimento immobiliare, …” e che “i fondi istituiti dalla SGR del MEF possono acquistare beni immobili ad uso ufficio di proprietà degli enti territoriali …”, lasciando intendere che i riferimenti di trasferimenti e acquisti sono i fondi, non le relative SGR;
  • la previsione all’interno del comma 6-bis dell’articolo 57 del TUF della possibilità che i fondi comuni di investimento siano ammessi alla procedura di liquidazione coatta amministrativa indipendentemente dalla SGR che li gestisce.

Si tratta di tutta una serie di modifiche normative intervenute successivamente al 2010 di cui il Tribunale di Milano ha chiaramente tenuto conto e delle quali anche la successiva giurisprudenza potrebbe tenere conto.

Alla luce di quanto detto occorre rilevare che quest’ultima soluzione interpretativa del Tribunale di Milano, oltre ad innovare un panorama giurisprudenziale ormai cristallizzato alla pronuncia del 2010, comporterebbe delle conseguenze anche dal punto di vista pratico, quali ad esempio quelle legate alla titolarità del patrimonio o all’intestazione dei beni del fondo nei pubblici registri.