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Bombe a orologeria

Così possono definirsi i contratti derivati detenuti dagli enti locali italiani. Come emerge dall’accertamento della Corte dei Conti sui bilanci delle Regioni. Che tra anarchia contabile e libertà legislativa sembrano non sottostare ai vincoli interni ed europei

Chiara Oldani
Oldani

La Corte dei Conti dallo scorso anno effettua una intensa attività di accertamento sui bilanci delle Regioni italiane, a Statuto Ordinario e non. Questo grazie al Federalismo Fiscale e alla rigidità dei vincoli europei che hanno finalmente messo un limite all’anarchia contabile degli enti locali italiani. C’è del buono nell’Ue, ma serve la necessaria presa di posizione sulle responsabilità dei risultati di queste attività di accertamento. Altrimenti rimane aria fritta scritta da azzeccagarbugli contabili e rabbia per i (pochi) che leggono questi documenti e ne traggono le necessarie conclusioni.

L’accertamento dei bilanci operato dalla Corte dei Conti consiste nella verifica delle poste iscritte nella contabilità, la quale registra entrate e uscite con il criterio di cassa, in base alle leggi emanate dalle Regioni stesse, assesta i flussi e attraverso il meccanismo dei residui, attivi e passivi, dovrebbe arrivare a quadrare il bilancio. Il bilancio delle Regioni, infatti, deve sottostare ai vincoli interni del Patto di Stabilità e del Fiscal Compact.

Il problema è che ogni Regione ha piena libertà legislativa sullo schema da seguire per redigere il proprio bilancio e quindi i 21 bilanci delle Regioni non sono confrontabili tra loro, le loro poste sono registrate in modo sostanzialmente diverso, dando luogo a risultati talvolta sospetti, sia in termini di stock (debito) che di flussi (entrate, uscite, residui).

Ma andiamo per ordine, le Regioni si finanziano con trasferimenti dello Stato e da imposte locali (es. Irap); i tagli nei trasferimenti operate dai recenti Governi, diciamo da Monti in poi, hanno colpito le Regioni, la crisi economica ha fatto diminuire il loro gettito e molte Regioni hanno ritoccato le aliquote al rialzo per tentare di fare cassa. Inevitabilmente, dal 2009 le Regioni hanno diminuito le loro principali voci di spesa: la sanità e gli investimenti a scapito dei cittadini e del territorio; al contrario la spesa per il personale, le consulenze, le sedi estere (es. New York o Parigi) non sono diminuite per niente. Questa la sintesi delle analisi svolte dalla Corte Dei Conti sulle Regioni.

Ogni Regione ha piena libertà legislativa e paradossalmente può “interpretare” il taglio ai trasferimenti imposto dal Governo dando luogo a risultati contabili diversi da quelli desiderati.

Un esempio, tra i tanti, dell’irresponsabile anarchia contabile delle Regioni descritto dalla Corte dei Conti è la registrazione dei contratti derivati (interest rate swap) sottoscritti dalle Regioni prima del 2013. Tutte le Regioni hanno derivati in portafoglio, per un controvalore di circa 10 miliardi di euro nel giugno 2014 (dati Bankitalia) e la normativa statale impone che gli eventuali flussi positivi (incassi) prodotti da questi contratti devono essere utilizzati per abbattere il debito dell’ente. Gli interest rate swap sono, infatti, contratti di copertura del rischio di tasso d’interesse sul debito.

Invece alcune Regioni, come la Liguria, utilizza questi flussi per coprire la spesa corrente (personale, consulenze e sedi fuori dalla Regione); lo fa perché ha emanato una sua propria legge in tal senso e la Corte dei Conti ne prende atto. Sempre la Liguria, nel presentare il preventivo per il 2014 iscrive questi contratti derivati per “soli” 10 milioni di euro, in termini di rischi potenziali, quando la Corte dei Conti rileva che la cifra debba essere quasi raddoppiata, fino a 17.5 milioni di euro per essere coerente con i veri rischi che la Regione corre. La Corte non può sanzionare, ma non certifica neanche il bilancio della Regione. Il controllore abbaia e basta. Neanche morde!

La qualità dei servizi offerti ai cittadini sta diminuendo nelle Regioni a forte indebitamento e il territorio non viene tutelato a dovere, come testimoniano i tristi fatti di cronaca. Chi paga il costo di questa situazione non è l’apparato statale, tant’è che i Governatori uscenti delle Regioni italiane spesso fanno carriera in Parlamento, ma il cittadino, poiché il Governo centrale ripiana i deficit creati dalla contabilità creativa delle Regioni.

Nell’era di internet e della piena informazione l’apparato dello Stato rimane il soggetto più oscuro e meno trasparente di tutti nel suo agire. Il Governmental Accounting Standard Board (Gasb) ha introdotto uno standard per la registrazione contabile dei contratti derivati Otc negli enti pubblici, ma nessuna Regione ha deciso di adottarlo, del resto come la Repubblica italiana. La situazione finanziaria del settore pubblico è insostenibile a causa di leggi regionali creative, di evidenti trucchi contabili e a pratiche politiche clientelari in totale assenza di responsabilità. In questo contesto è davvero difficile per il Governo garantire il controllo dei conti pubblici nei confronti dell’Europa.

 

Tabella 1 – Contratti derivative delle amministrazioni locali con banche italiane (milioni di euro)

 

  1. Valore negativo per l’ente e positivo per la banca; questo valore non si somma al debito. Il valore minimo di soglia è 30mila euro.
  2. Valore positivo per l’ente locale e negativo per la banca

Fonte: tavola 33 del Bollettino Statistico. Banca d’Italia (2011, 2013, 2014).